“A quasi settant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione, gli italiani saranno chiamati a votare, attraverso un referendum, su una importantissima riforma — già approvata dal Parlamento – relativa alla seconda parte della “Carta”, quella dedicata ai meccanismi di funzionamento del nostro ordinamento democratico. La prima parte, quella che parla dei “Diritti e Doveri dei cittadini” e nella quale sono contenuti i princìpi fondamentali ed i valori fondativi della nostra convivenza democratica, non verrà modificata in nessun punto; ed è questa già un’importante considerazione, vista la grande confusione e certa disinformazione in giro sui mass media e sulla “rete”. Le modifiche riguarderanno invece: la fiducia ai governi, la natura del Senato, i rapporti tra le due Camere, la snellezza delle procedure di approvazione delle leggi e la distribuzione di competenze tra Stato e Regioni”. Così Fabio Porta – deputato Pd eletto in Sud America – che illustra i passi salienti della riforma costituzionale su “Comunità italiana”, mensile diretto a Rio de Janeiro da Pietro Petraglia.
“Da almeno trent’anni si discute proprio sulla necessità di modificare questi punti, adeguando la Costituzione alle esigenze di un contesto nazionale ed internazionale profondamente diverso da quello di settant’anni fa, e rispondendo alle legittime richieste di efficienza e di sobrietà provenienti dalla società civile e dall’opinione pubblica. Esigenze, prima tra tutte – quella di superare il cosiddetto “bicameralismo perfetto” (la totale equivalenza, cioè, di Camera e Senato), condivise ampiamente da tutta la politica italiana e dalla stragrande maggioranza dei cittadini.
Il Parlamento italiano — a distanza di dieci anni dall’ultimo tentativo di riforma (bocciato dagli elettori con un altro referendum) —, attraverso ben sei votazioni alla Camera e al Senato, ha prodotto un testo sul quale tutti gli italiani dovranno esprimersi con un “SI” o con un “NO” nel referendum del prossimo mese di novembre.
Gli italiani all’estero avranno anche questa volta una responsabilità decisiva, e forse determinante, sugli esiti di una consultazione elettorale. La riforma contribuirà a consolidare la presenza degli italiani nel mondo nel nostro sistema democratico e, al contrario di quanto qualcuno sostiene, il peso ed il ruolo degli italiani all’estero e del loro sistema di rappresentanza uscirà rafforzato dall’approvazione della riforma costituzionale.
Perché? Mi limito a indicare alcuni punti-chiave:
1) La rappresentanza parlamentare rimane inalterata alla Camera dei Deputati, e cioè nel ramo del Parlamento dove saranno approvate la quasi totalità delle leggi e che sarà responsabile per la fiducia al governo;
2) Il nuovo Senato rappresenterà i territori, mentre gli italiani nel mondo costituiscono un popolo e non una “regione”, con la conseguenza che questo ruolo di rappresentanza territoriale rimarrà di competenza dei Comites e del CGIE, gli organismi intermedi che vedranno rafforzato il loro ruolo;
3) La fine del “ping-pong” tra Camera e Senato non solo semplificherà e renderà più agile e veloce il processo legislativo ma, anche alla luce dell’esperienza di questi “primi dieci anni” di presenza degli eletti all’estero in Parlamento, eviterà dualismi e sovrapposizioni tra le due rappresentanze parlamentari a tutto vantaggio dell’approvazione delle leggi di nostro interesse.
I punti appena indicati sono soltanto alcuni dei vantaggi diretti che le comunità italiane all’estero potranno avere dall’approvazione della riforma.
Potremmo citarne altri, come ad esempio la fine della frammentazione delle deleghe alle Regioni in materie attinenti all’internazionalizzazione e alla promozione del turismo, che invece di rafforzare la proiezione dell’Italia e delle sue comunità nel mondo sono state spesso fonte di sprechi e dispersione di risorse.
Un’Italia più moderna, fedele ai princìpi fondamentali di quella che continuiamo a ritenere sia una delle più belle Costituzioni nel mondo, ma altrettanto capace di rispondere in maniera seria ed efficiente alle domande dei cittadini e alle sfide di un mondo globalizzato. È questa la grande scommessa del referendum, una sfida che riguarda anche noi, italiani nel mondo”.
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