La pretesa di un governo non eletto di fare delle riforme costituzionali non e’ una cosa seria, per ovvie ragioni, nel rispetto degli elettori. Altre potevano e dovevano essere le modalita’ per procedere ad una riforma costituzionale seria e credibile. Mancano, a parer mio, le premesse per dare credito all’idea che le proposte dal Referendum possano veramente attecchire e dare una svolta seria e pregnante al Paese.
Il clima in cui si opera e si è operato non è stato adeguato ad innestare un discorso su questo tema. Meglio sarebbe stato affrontare in modo energico e deciso le problematiche inerenti altri aspetti della vita del nostro Paese. Riforme o misure più urgenti, forse meno nobili, ma più pragmatiche, incisive ed immediate, avrebbero, non solo agli occhi della pubblica opinione italiana, ma anche di quella estera, sicuramente fatto capire che il governo del Paese mirava energicamente a dare risposte sul versante dei tanti aspetti pratici che investono la vita del cittadino e lo stesso funzionamento gestionale del Paese, senza dover necessariamente ricorrere al ritocco della Costituzione, che, seppur necessario, doveva essere visto in via subordinata.
Anche se si sostiene che le ragioni del Sì debbano essere viste fuori dall’operato dell’attuale governo che ha sponsorizzato questo Referendum, è indubbio che i risultati negativi fatti registrare dal governo e che vengono alla luce a poco a poco, costituiscono un elemento condizionante che inficia fortemente la possibilità di posizioni favorevoli rispetto alla sua proposta di riforma costituzionale.
E’ per queste ragioni che ritengo che la vittoria del Sì sia fortemente compromessa. Alla fine della fiera forse resterà il rammarico di aver perso solo tempo e di avere ancora una volta prodotto solo degli effetti illusori senza incidere positivamente sulla realtà del nostro Paese.
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