Se vince il No al referendum costituzionale del 4 dicembre Matteo Renzi si dimette? Il premier in persona risponde così: “Ho detto che non ne avrei più parlato. Ho sbagliato a parlarne. Tutti mi hanno detto di smettere di fare quello che faccio io dopo. Secondo me se vince il No è un’occasione persa per il Paese”.
Il presidente del Consiglio è ospite di “Faccia a faccia”, condotto da Giovanni Minoli su La7. “Nel fronte del No ci sono tante persone per bene, che stimo. Poi ci sono anche quelli che picchiano, come abbiamo visto ieri. Un leader vero i sondaggi non li segue, li cambia”, sottolinea Renzi, secondo il quale “il referendum finisce sul filo di un milione di voti”. Se vince il No “non mi preoccupa lo spread”, ma che senza riforme “l’Italia è finita”.
“Penso che la legge elettorale sia meno importante della riforma costituzionale. Eliminare il doppio turno lo ritengo un errore, ma se serve…”. Alla domanda se stia trattando con Berlusconi, Renzi risponde lapidario: “No”. Un pronostico sulle elezioni degli Stati Uniti? “Vince la Clinton”. Turchia in Europa? “La Turchia che arresta i giornalisti, i magistrati e i parlamentari di opposizione non entra in Europa. La trattativa e’ ferma”.
E poi Europa: “La Germania non rispetta le regole europee sul surplus commerciale. Le regole dell’Ue che vogliono impedire di mettere a posto le scuole sono inaccettabili”. Il premier continua a picchiare: “Se vogliono continuare a usarci come salvadanaio grazie a una brillante intuizione di Mario Monti e non rispettano le regole sull’immigrazione non votiamo il bilancio”. Per Renzi “è più facile sistemare la Basilica di Norcia che queste regole europee. Se non otteniamo flessibilità su immigrazione e terremoto non chiudiamo il bilancio. Io sono obamiano e dico che l’Europa deve scommettere sulla crescita. Nel 2017 a Roma porremo con forza il tema del fiscal compact”.
Renzi bravo a comunicare? “Credo che Berlusconi sia dieci volte piu’ bravo di me nella comunicazione”, risponde il capo del governo, “con il milione di posti di lavoro che non ha fatto ha campato dieci anni…”.
LA LEOPOLDA Renzi chiama alla mobilitazione le forze del Si’: il voto e’ “sul filo”. Sferza uno ad uno gli avversari del No. Li accusa di voler solo “tornare in pista”. Agita lo spettro del “governicchio” tecnico. E lancia l’affondo sulla Ditta, la minoranza Dem per il No: per la voglia di “rivincita”, faranno fare al Pd la fine dell’Ulivo.
“Viviamo il tempo dell’odio: ma gli incappucciati che feriscono i poliziotti non difendono la Costituzione”, alza subito i toni Renzi, dopo la protesta di ieri a Firenze. “‘Yes, we can’, non lasciamo il Paese nelle mani della compagnia dei rancorosi che hanno fallito” e ora vogliono “bloccarci” per “tornare”. Se vince il Si’, la svolta. Se il No, il rischio e’ un “governicchio tecnicicchio” fatto da chi vuol “riprendersi la poltrona che noi rottamatori gli abbiamo tolto”, afferma il premier evocando le proprie dimissioni.
Se vince il No, aggiunge in serata in un’intervista tv, “non mi preoccupa lo spread” ma che senza riforme “l’Italia e’ finita”. Se vince il Si’, anticipa, nel 2017 in Ue “porremo il tema” di cambiare il fiscal compact. In Italia, intanto, “piu’ che il bicameralismo, bisogna superare una mentalita’ rinunciataria. Il futuro non e’ dire no a tutto”, incalza. Ma spiega che non e’ solo questione di eta’: “Alcuni trentenni dicono No a grandi eventi e metropolitana perche’ hanno paura della loro ombra”, dice evocando Virginia Raggi. E Beppe Grillo? “La riforma non l’ha letta e se la fa spiegare da Di Maio che non l’ha capita”, sorride.
Ma ce n’e’ anche per il “leone della tastiera” Marco Travaglio, per Ciriaco De Mita che c’e’ da decenni e “parla di riforma frettolosa”, per Silvio Berlusconi che fa sorridere quando paventa “l’uomo solo al comando” (“Nessuna trattativa con lui”). E ce n’e’ anche per Massimo D’Alema: “Perche’ la riforma in trent’anni non l’ha fatta?”, alza la voce il leader Pd, nel boato della folla. Ma e’ il passaggio dedicato alla minoranza Pd, all’indomani dell’accordo sull’Italicum con Gianni Cuperlo (“E’ un errore togliere il ballottaggio, ma la legge non la faccio da solo”, ribadisce Renzi), a infiammare gli animi. Fino a far esplodere la platea in un ‘fuori, fuori’ contro Bersani e quei Dem che voteranno No. “Gli stessi che 18 anni fa decretarono la fine dell’Ulivo stanno decretando la fine del Pd perche’ hanno perso un congresso e usano il referendum come strumento di rivincita. Non ve lo consentiremo”, urla Renzi. Ma “sbaglia”, commenta Cuperlo, perche’ se dalla platea c’e’ chi urla ‘fuori’ la “responsabilita’” e anche del segretario. “Non faccia l’arruffapopolo”, si indigna il bersaniano Nico Stumpo.
Ma sferza anche i ‘leopoldini’ che affollano l’ex stazione di Firenze, Renzi: “Mancano 28 giorni, non serve urlare e sfogarsi ma fare comitati e andare casa per casa”.
Sotto il palco applaudono ministri, dirigenti Pd, ma anche i figli e la moglie Agnese Landini, sempre piu’ in primo piano dopo la cena di Stato alla Casa Bianca dove lo stesso Obama gli avrebbe suggerito di valorizzarne il contributo. Sul palco in mattinata salgono amministratori e neo-genitori che immaginano il futuro dei loro “figli del Si'”. E c’e’ Oscar Farinetti, che drammatizza: “Si’, ho fifa di perdere, dobbiamo tornare simpatici, Renzi ammetta che ha dubbi”. “Sono convinto di vincere”, lo corregge il premier. Poi in serata prevede: “Finira’ sul filo di un milione di voti”.
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