Habemus datam. Si voterà il 4 dicembre per il referendum costituzionale. Questa la decisione presa dal Cdm e comunicata in conferenza stampa a Palazzo Chigi dal sottosegretario Claudio De Vincenti. Nel frattempo continuano le tensioni all’interno dell’ala dem del Pd e proseguono gli attacchi anche da parte della Lega e del M5S che incalza “data indegna, Renzi non ha consultato le opposizioni”.
Non soltanto il partito del Premier, ma anche il centro destra per quanto riguarda il tema referendum appare diviso tra acerrimi sostenitori del No e convinti promotori del Sì.
ItaliaChiamaItalia ha voluto ascoltare la voce di Dario Rivolta, vent’anni trascorsi in Parlamento, già vicepresidente vicario di Azzurri nel Mondo, l’associazione che storicamente ha rappresentato Forza Italia all’estero.
On. Rivolta, lei ha scelto di aderire a “Liberi Sì”, l’appello recentemente presentato da Marcello Pera e Giuliano Urbani a tutte le forze liberali e riformiste per sostenere la riforma costituzionale. Ci racconta perché ha deciso di farne parte?
Principalmente per due motivi. Innanzitutto perché la riforma del titolo V, che era già stata fatta e approvata dalla sinistra, ha dimostrato di essere del tutto inefficiente e contemporaneamente perché il contenuto di questa riforma rispecchia – almeno in parte – ciò che noi come centrodestra abbiamo sempre domandato. Il secondo motivo per il quale voterò Sì scaturisce da una riflessione di altro genere. Se passasse il No in questo momento, per una serie di circostanze che stiamo vivendo, sarebbe un disastro per il nostro Paese, perché le conseguenze di un tal esito porterebbero sicuramente alla caduta del governo e allo scatenamento di una speculazione finanziaria di carattere internazionale nei riguardi dell’Italia.
Votare Sì al Referendum viene spesso frainteso come un implicito assenso al governo di Renzi. Come si vince questo equivoco?
Guardi io non sono pro-Renzi, ma sono pro-Italia e in questo momento il Paese necessita di una riforma costituzionale. Quella che adesso è oggetto di referendum non è certamente perfetta, ma si avvicina all’optimum. Credo che dimostrare che il nostro governo è in grado di durare 5 anni rappresenti un bel segnale anche nei riguardi degli altri paesi membri e non membri dell’Ue. Senza pertanto essere a favore di Renzi, sostengo che non ci sia alcun motivo al momento di rischiare una crisi di governo che porterebbe a delle conseguenze fortemente negative per l’economia e la società italiana.
E’ vero che Matteo Renzi rispecchia quell’immagine di “figlio politico” che Silvio Berlusconi avrebbe sempre voluto avere?
Renzi assomiglia a Berlusconi per molte cose, ma differisce dal Cavaliere per un importante aspetto. I due in comune hanno una gran capacità di comunicare con la gente, anche raccontando – come spesso succede – delle panzane. Se è vero che l’ex sindaco fiorentino ha una grande esperienza politica è altrettanto vero che non avendo mai fatto nessun altro lavoro che esulasse da questa, ha una minor consapevolezza di cosa sia la vita di tutti i giorni.
Come vede la situazione attuale del centro destra? Come reputa la figura di Parisi? Potrebbe essere lui il futuro leader degli azzurri?
Parisi è una persona seria che capisce la politica e sta facendo tutto quello che gli è possibile, ma io, ad oggi, non vedo ancora il futuro leader di Forza Italia. Purtroppo come ha già ribadito Berlusconi, gli manca qualcosa. Se avesse avuto il suo stesso carisma, probabilmente non lo avrebbe scelto. Il Cavaliere ha sempre scelto persone sicuramente intelligenti e politicamente competenti, ma senza grande appeal nei confronti del grande pubblico.
In attesa del prossimo 4 dicembre, in qualità di membri di Liberi Sì, avete già in mente delle iniziative per promuovere la vostra campagna?
Di già preparato non c’è ancora nulla, ma certamente organizzeremo qualcosa.
Passiamo ora alla politica economica. Si aspetta maggiore flessibilità da parte dell’Europa?
Renzi, come dicevamo prima, è uno che sa ben comunicare. Le sue critiche nei riguardi della Germania sono vere ma tardive e comunque dovevano essere più forti all’interno degli incontri internazionali e non arrivare dopo, ad uso soltanto dei giornali e dell’opinione pubblica. Sono convinto che l’unione politica dell’Europa sia un punto di arrivo indispensabile. Purtroppo oggi abbiamo fatto dei passi indietro e siamo ben lontani da quell’obiettivo. Purtroppo i problemi dell’Italia non sono risolvibili solo con la flessibilità. E’ anche vero che la Germania non può farci da maestra, è il primo paese a non rispettare ciò che sono gli accordi di Maastricht. Non è vero che questi prevedano esclusivamente che non si possa oltrepassare il 3% di deficit. A questo si aggiunge infatti anche la clausola in base alla quale non si possa oltrepassare il 3% di crescita. La Germania ora è al 9 % di attivo di bilancio e dovrebbe spenderlo, creando così una domanda interna che faciliti l’esportazione anche da altri paesi europei verso la Germania stessa.
Il Centro studi Confindustria lima al ribasso le stime del PIL per il 2016 e il 2017 e parla di crescita “bassa e insoddisfacente. “Mentre gli altri crescono, noi siamo fermi da 15 anni”. Questo il grido del centro studi di Viale dell’Astronomia. Come commenta questi dati? Come si può favorire la crescita?
Il problema dell’Italia non riguarda soltanto gli investimenti pubblici che sicuramente sono e rimangono importanti. Il problema dell’Italia – che non è risolvibile in tempi brevi ed è uno degli obiettivi che noi come centro destra abbiamo mancato e che Renzi, al di là di quelle che potrebbero essere le sue intenzioni non sta affrontando – riguarda innanzitutto la promozione di una giustizia civile oltre che penale, al momento praticamente inesistente. Una tassazione esagerata e i costi burocratici altrettanto elevati contribuiscono poi ad atterrire il nostro Paese. Per risollevare il paese dovremmo partire da qui.
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