Manca poco meno di un mese al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari e le polemiche sono già iniziate. In particolare per quanto riguarda il voto degli italiani nel mondo. In molti Paesi esteri il coronavirus continua a galoppare, dunque ci si chiede come potranno votare i connazionali ivi residenti.
Il Consiglio generale degli italiani all’estero auspica “una profonda e seria riflessione da parte del Ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, sulla legittimazione del voto che esprimerà la comunità degli italiani all’estero”. Sono parole del Segretario Generale del CGIE, Michele Schiavone, che sottolinea: “La messa in sicurezza del voto degli italiani all’estero era uno dei punti del programma del primo governo della XVIII legislatura”. E allora?
Secondo Schiavone “sono contrastanti e si rincorrono in ordine sparso le notizie augustane sulla tenuta, nella circoscrizione estero, del referendum costituzionale confermativo relativo alla riduzione del numero dei parlamentari, previsto dagli inizi al 15 del mese di settembre. Da una parte, nelle agenzie specializzate di stampa estero, si leggono le ovvie rassicurazioni espresse dall’amministrazione del Ministero degli Affari Esteri sulle garanzie elettorali previste dalle procedure legislative, dall’altra vengono messe in evidenza le scontate preoccupazioni del sottosegretario per gli italiani all’estero, Ricardo Merlo, che richiama i connazionali ad un’assunzione di maggiore responsabilità invitandoli, giustamente, a prendere tutte le precauzioni preventive per evitare il contagio, dichiarando che ad oggi oltre venti sedi diplomatiche nel mondo sono chiuse perché affette da contagio del Covid-19”.
“La chiusura delle sedi consolari è causata dai contagi di alcuni funzionari e ciò precluderà il lavoro al loro interno per diverse settimane, quindi, anche la messa a punto delle liste elettorali e il trattamento del materiale per tutti quei casi che reclameranno la mancata consegna. Ciò detto sorge spontanea la domanda: ferme restando tali condizioni potranno partecipare al referendum gli aventi diritto residenti in queste venti circoscrizioni consolari, la cui popolazione varia da 200.000 a 50.000 elettrici ed elettori? Una situazione analoga avrebbe costituito una discriminante in Italia? Ovvero, sotto l’aspetto politico tale situazione risponde al principio costituzionale: hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati?”.
“Com’è fuori discussione che la situazione sanitaria inciderà sull’esito di questo referendum, è anche vero – prosegue Schiavone – che a fronte di una situazione straordinaria non si può e non si debba rispondere con misure ordinarie. La tutela della salute dei cittadini e dei funzionari addetti nella rete diplomatico-consolare ha la priorità assoluta, non di meno dicasi delle condizioni per acquisire un sano e legittimo orientamento delle elettrici e degli elettori. Nella circoscrizione estero la partecipazione al referendum si svolge esclusivamente per corrispondenza, il materiale elettorale passa nelle mani di diverse persone, anche in quelle che lavorano negli uffici consolari, attualmente chiusi per contagio, per finire sui tavoli di Castelnuovo di Porta per gli scrutini”.
“Purtroppo, sono molteplici le contraddizioni legate al voto per corrispondenza nelle controverse condizioni in cui versa la rete diplomatico-consolare italiana – afferma ancora Schiavone -. Alle difficoltà legate prettamente alle procedure del voto si aggiunge anche la mancanza di informazione sul contenuto del referendum. Ad oggi l’unica notizia circolata tra gli addetti ai lavori è l’intervista rilasciata a Rai Italia dal direttore generale per gli italiani all’estero della Farnesina, Luigi Vignali, nella quale ricordava il numero degli aventi diritto, le date le modalità di voto. La riduzione o la compressione dell’informazione agli addetti ai lavori non succede in nessuna democrazia avanzata”.
“I Comitati nazionali per il SI e per il NO al referendum, nei restanti giorni a disposizione, dovrebbero farsi promotori di un’iniziativa politica per raggiungere gli elettori all’estero, fosse anche la richiesta di inserire, assieme alla documentazione contenuta nel plico elettorale, anche le indicazioni rappresentative dei motivi che li contraddistinguono per le quali chiedono il consenso. Si ricorda che anche nelle avversità siamo l’Italia e non possiamo assolutamente paragonarci ai livelli elettorali espressi giorni or sono in paesi, che si affacciano sulla soglia della democrazia”.
“È chiaro che la tenuta del referendum costituzionale all’estero è lungi dall’essere di facile gestione. La rappresentanza organizzata e le associazioni rifiutano di rinchiudersi nella torre d’avorio perché non basta salvarsi l’anima. Stiamo dentro la tempesta ansiosi di dare alle nostre comunità la possibilità di decidere se e come modificare la costituzione italiana”, conclude Schiavone.