Il 20 e 21 Settembre 2020 verrà chiesto agli elettori di rispondere con un SI o con un NO alla seguente domanda: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?».
Ecco perché votare No:
1) La modifica della Costituzione non è cosa da prendere alla leggera. La Costituzione, infatti, rappresenta un “corpus unicum” che descrive, fra l’altro, in modo essenziale le modalità di funzionamento di un “sistema” complesso all’interno del quale sono tenute a muoversi e ad interagire fra loro le istituzioni repubblicane. Come in un motore, la riduzione o l’ampliamento del volume di una delle sue componenti può avvenire solo se questa operazione non ne compromette il corretto funzionamento. In caso contrario il disastro non è un rischio, ma una certezza.
2) Il Parlamento Italiano, al quale compete la titolarità del potere legislativo e che, nella sua attuale composizione bicamerale che prevede un numero di 630 Deputati e 315 Senatori, funziona, o meglio ha funzionato benissimo. Almeno sino a quando, contravvenendo, in modo talora arrogante, alla lettera e allo spirito della stessa Costituzione, i governi, titolari del potere esecutivo, hanno cominciato ad abusare del ricorso a quei decreti-legge che dovrebbero essere adottati solo in via del tutto eccezionale: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.” (Art. 77 della Costituzione)
Il ricorso sempre più frequente all’uso e all’abuso dei decreti-legge da parte dei diversi governi che si sono avvicendati nell’esercizio del potere esecutivo, ha di fatto esautorato il parlamento assumendone il potere legislativo e lasciando al parlamento stesso un ruolo puramente notarile. Il ricorso al voto di fiducia che non di rado accompagna questo abuso, ha contribuito pesantemente a svilire, umiliando lo stesso parlamento, riducendo il ruolo dei Deputati e dei Senatori da attori protagonisti del potere legislativo a quello di esecutori passivi delle direttive imposte dalle segreterie dei partiti politici. Non a caso il leader di uno dei partiti maggiormente promotori di questo taglio, il Movimento 5 Stelle, ha più volte sostenuto la necessità di sottomettere i parlamentari agli obblighi del vincolo di mandato. In tale contesto, ed avulso da un progetto di revisione costituzionale del sistema, il taglio al numero dei rappresentanti del popolo rappresenterebbe un ulteriore vulnus allo stesso parlamento.
3) Un gran numero di italiani condivide il taglio dei parlamentari, convinti che và incontro ad esigenze di riduzione del costo della politica a ad una maggiore efficienza delle Istituzioni. Questione condivisa anche dal sottoscritto, ma questo taglio é lineare e attualmente non fà parte di una riforma che consentirebbe di utilizzare la riduzione per rendere il Parlamento più efficiente e rappresentativo. Il taglio lineare applicato anche alla Circoscrizione Estero, porterà gli eletti da 12 a 8 alla Camera e da 6 a 4 al Senato. Un Deputato eletto in Italia rappresenterebbe circa 150 mila abitanti, all’estero 700 mila iscritti Aire, un Senatore eletto in Italia 300 mila abitanti, all’estero 1.400.000 mila iscritti Aire.
Si tratta di comprimere i diritti degli italiani che vivono all’estero in modo permanente o temporaneo, chi per lavoro, chi per altre necessità.
Sono decenni che i cittadini lamentano la lontananza del “Palazzo” dai cittadini, ebbene, la brillante idea per avvicinare eletti ed elettori é quella di ridurre ulteriormente la rappresentanza dei territori in Parlamento, senza inoltre aver fatto i dovuti correttivi e le riforme di cui si é tanto parlato.
VOGLIO ESSERE RAPPRESENTATO MEGLIO E NON MENO. Per questi motivi ritengo opportuno, utile e necessario rispondere con un NO al quesito referendario.
Sandro Fratini, Presidente Commissione Ricerca e Internazionalizzazione del Partito Democratico