Silvio Berlusconi sta trascorrendo l’estate in Sardegna, in famiglia. Chi lo ha potuto incontrare in questi giorni parla di un Cavaliere in piena forma, ripresosi alla grande dopo l’intervento al cuore subito nelle scorse settimane. Il presidente di Forza Italia pensa a stare bene, a recuperare le forze al cento per cento, per riconquistare nel migliore dei modi la scena politica ad iniziare da settembre. Sarà un autunno molto caldo e Silvio lo sa. Stanco delle beghe tra i suoi colonnelli e delle correnti interne al partito, "non ne posso più di questo pollaio", avrebbe confessato a uno dei suoi consiglieri più fidati.
I big azzurri continuano a sfidarsi a colpi di dichiarazioni e comunicati stampa, ciascuno cercando di portare acqua al proprio mulino, ma senza riuscire nemmeno ad immaginare un possibile centrodestra moderato e liberale. Sono tutti propensi, chi più chi meno, a cavalcare l’onda di Salvini. Ma a riportare al voto i tanti elettori delusi che non voterebbero mai a sinistra e che non si riconoscono né con il populismo di Beppe Grillo né con il lepenismo salviniano, non sarebbero mai le provocazioni e gli insulti di certi comizi, lontanissimi dalla sensibilità di un moderato. Dunque, che fare? Rinunciare alle proprie ambizioni personali e cedere il passo al più prudente Parisi? Arduo dilemma per Toti, Gasparri, Romani, Matteoli e Brunetta, non certo per i berlusconiani di ferro, che seguono le indicazioni del loro "lider maximo" ancora in sella. E chissà che non ci siano novità in vista.
Il referendum costituzionale è ormai da settimane sulle pagine di tutti i giornali. Ne parlano i protagonisti della politica italiana in tv, ne parlano ad eventi pubblici i rappresentanti delle nostre più alte istituzioni. E si consideri che la campagna elettorale vera e propria, a favore del Sì o del No, ancora – almeno a guardare il calendario – non è neppure cominciata. Pochissimi entrano nel merito dei quesiti referendari. Per certa opposizione, assetata soltanto di poter sedere sulle poltrone più alte e comode di certi palazzi romani, basta menzionare concetti come "premier abusivo" o "parlamento delegittimato" per soffiare sul fuoco del no. Ma è un modo troppo semplice, persino troppo ingenuo (per non dire stupido), di affrontare quella che rappresenta una riforma importantissima per il futuro del nostro Paese. Che va analizzata nel merito, e non con uno sguardo fazioso.
Silvio Berlusconi ha sposato le riforme del governo, fino a un certo punto. Poi, deluso e arrabbiato dal comportamento di Renzi a proposito dell’elezione del capo dello Stato, ha deciso di strappare il patto del Nazareno, seguendo la linea degli azzurri più oltranzisti come Renato Brunetta, Giovanni Toti, la senatrice Maria Rosaria Rossi e le altre donne del cerchio magico. Dopo l’intervento al cuore, però, tutto è cambiato. È intervenuta la figlia Marina che si è messa a fare un po’ di pulizia. Ed è spuntata l’idea Parisi: sia lui a riorganizzare Forza Italia. Se ci riesce.
Silvio, a proposito di referendum, ci sta pensando. In mezzo al fronte del no, non si sente granché a suo agio. Circondato com’è da un Salvini "sempre più buzzurro" – come viene definito il Matteo padano anche in certi ambienti di Milano – e un Grillo che oltre al suo "vaffanculo" non sa nemmeno dove andare. Ma il Berlusca pensa pure al centrodestra che non c’è. Se vincesse il No e se davvero si andasse al voto in breve tempo, come farebbe un centrodestra ridotto a nulla – com’è oggi – a portare a casa la vittoria? Serve tempo per riorganizzare il partito. Giusto un paio d’anni, almeno. Il 2018. Ovvero la scadenza naturale della legislatura.
Berlusconi è sempre stato un uomo pratico. È nella sua indole. E poi la riforma gli piace. È stato lui per primo a chiedere più stabilità per un governo. E’ stato lui a promettere e proporre il taglio dei parlamentari. Aveva persino pensato al presidenzialismo, che certo è tutta un’altra cosa. B non può negare a se stesso che comunque la riforma Boschi-Renzi è fortemente di ispirazione centrodestra.
Ecco il grande dubbio del leader azzurro. Continuare ad affiancare la Lega – ma anche i 5stelle e perfino la sinistra radicale – nella battaglia per il No, oppure sganciarsi, sedersi a un tavolo con i centristi di Area Popolare e di altri partiti e movimenti di area moderata, cambiare toni sulla riforma, considerare un possibile Nazareno bis, almeno per ciò che riguarda il referendum? Chissà se la “sua” Sardegna gli porterà consiglio…
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