Marco Fedi, deputato Pd eletto all’estero, in queste settimane di agosto sta girando l’Australia, dove è residente, per incontrare la collettività italiana, le associazioni, i rappresentanti delle istituzioni. Un tour, quello di Fedi, “iniziato con Melbourne, dove vivo, per incontrare Coasit, Museo Italiano e Comites”, racconta il deputato dem a ItaliaChiamaItalia: “Abbiamo discusso di lingua e cultura italiana, di riforma in questo settore, che non arriva ma che qualcuno sta preparando senza consultazione, del futuro della lingua e cultura italiana nel mondo affidata alla buona volontà di tante persone che amano l’Italia, emigrati e italofoni di ogni età ed origine. Dell’accordo con il Museo dell’emigrazione di Genova e del potenziale per realizzare importanti progetti di ricerca e documentazione storica. Della riforma della rappresentanza, per renderla più moderna ed incisiva. Abbiamo lavorato alla prossima visita dell’INPS in Australia, dopo oltre vent’anni: alla speranza di migliorare la gestione dell’accordo di sicurezza sociale e rendere più solidi i rapporti con l’ente previdenziale australiano, il CentreLink, e i Patronati. Il cammino ora riprende con Adelaide, Hobart e Sydney”.
Ha parlato anche di referendum con i connazionali? Com’è la situazione, qual è l’atmosfera che si respira?
L’atmosfera è di distanza. L’esigenza di modernizzare il paese è fortissima e non riguarda solo le regole della politica. Meno burocrazia. Più lavoro. Maggiori opportunità per investimenti. Maggiori opportunità formative, anche per giovani provenienti dall’estero. Il passaggio della modifica Costituzionale è percepito come fondamentale ma era dato già per acquisito. Il Parlamento italiano ha appunto approvato per sei volte un testo di riforma ed ha definitivamente modificato le regole della politica. Punto. Non si fanno referendum sulle decisioni assunte dal Parlamento: o meglio, le decisioni le prendono gli elettori quando votano alle elezioni successive. Noi abbiamo di fatto approvato la legge costituzionale ed ora la sottoponiamo al pronunciamento degli elettori: nessuno comprende le ragioni per cui il Parlamento della XVII Legislatura provi a mettere in discussione se stesso. Lo dico in modo semplice: negli anni si è fatto un uso abnorme dello strumento referendario, ora chiediamo ai cittadini elettori di percepire questa consultazione referendaria in modo diverso.
Gli italiani di Australia capiscono la necessità di riformare il Paese oppure sono per il No alla riforma?
Non stiamo avendo molto successo a far capire la necessità del referendum confermativo, almeno in Australia. È invece diffusa la convinzione che alla fine gli italiani voteranno a favore della riforma. Il fronte che vi si oppone si agita molto, ma alla fine gli indecisi, che dobbiamo convincere a votare e a votare SÌ, faranno la differenza.
Su Facebook e internet in realtà è molto difficile incontrare persone che si dicano a favore del Sì. Anche lei, che frequenta i social, ha la stessa sensazione?
Se valutassi i commenti che seguono le dichiarazioni di vari leader schieratisi per il SÌ o ad esso opposti, direi che i commenti si equivalgono. Per non parlare poi dei messaggi che si ricevono dai comitati, sia di un fronte che dell’altro. Ho avuto scambi vivaci con persone che stimo e rispetto ed ho capito che il referendum confermativo è per molti una occasione per attaccare il Governo e Renzi. Sarebbe molto grave se le opposizioni, come Forza Italia, che prima hanno sostenuto la riforma, ora la bocciassero unicamente per cercare di dare una spallata al Governo. Sarebbe gravissimo se internamente al PD qualcuno cercasse di raggiungere lo stesso obiettivo. La mia sensazione è che ancora molto deve essere fatto, soprattutto all’estero, per spiegare la riforma in modo chiaro ed oggettivo. Tutto ciò che si muove online riesce solo a confondere oppure è chiaramente di parte. Le schede prodotte dai gruppi PD di Camera e Senato sulla riforma sono utili e convincenti strumenti per comprendere esattamente il senso della riforma.
Però anche tutti i sondaggi indicano il No in vantaggio. Quella di riformare il Paese è una battaglia già persa?
Ripeto: questa è una battaglia che si deve e si può solo vincere. Se si perde non perde solo Renzi, ed ora anche lui l’ha capito, ma perde il Paese, ne risentirà la riconquistata serietà in Europa e nel mondo, perderanno i cittadini e gli elettori, la politica nel suo complesso e, soprattutto il Parlamento che ha approvato questa riforma sei volte. Perde il PD che si è speso per la riforma. Perde anche quella parte di opposizione che aveva sostenuto la riforma per poi abbandonarla, per puri fini propagandistici e per cercare di mandare a casa il Governo, perdono gli italiani all’estero che vedranno naufragare una opportunità seria di modernizzazione del sistema politico e tutti coloro che hanno sperato che per una volta la politica riuscisse a consegnare al futuro una promessa mantenuta, un impegno sottoscritto, una bella pagina per ridare credibilità all’Italia ed alle sue istituzioni.
Quali sono i punti principali per cui, secondo lei, è giusto votare Sì?
Dopo anni di inutili sforzi e di tante promesse andate a vuoto, il Parlamento della XVII legislatura è riuscito a varare con una larga maggioranza – quasi il sessanta per cento dei componenti di ciascuna Camera in ognuna delle sei letture – una riforma costituzionale che affronta efficacemente la maggiore emergenza istituzionale del nostro Paese: la lentezza della politica. A quanti, come noi, sono giustamente affezionati alla Carta del 1948, esprimiamo la convinzione che – intervenendo solo sulla parte organizzativa della Costituzione e rispettando ogni virgola della parte prima – la riforma potrà perseguire meglio quei principi che sono oramai patrimonio comune di tutti gli italiani.
Non si tradiscono i valori fondanti della Costituzione, si tratta di attuare meglio i principi in essa sanciti, raccogliendo le sfide di una competizione globale che richiede istituzioni più efficaci, più semplici, più stabili. Sono convinto che la discussione che è aperta e che continuerà fino alla vigilia della consultazione referendaria potrà persuadere i cittadini italiani della bontà della riforma approvata con coraggio dal Parlamento e della sua utilità per il miglior governo del Paese. Il sì potrà garantire meglio di qualsiasi altra scelta tutto questo. Sono certo che gli italiani nel mondo, grazie al bagaglio di esperienze partecipative maturate in emigrazione, comprendano i cambiamenti proposti dalla riforma costituzionale e possano contribuire in modo determinante a fare dell’Italia un Paese più moderno e più giusto, un’Italia più semplice, più stabile, più giusta.
Renzi ha detto che non toglierà il disturbo in nessun caso, nemmeno se vincesse il No. Questo aiuterà a “spersonalizzare” il referendum o ormai è troppo tardi?
Renzi ha detto una cosa vera, che in politica dovrebbe contare ed è dimostrazione di serietà: il Governo ha lavorato e proposto una riforma della Costituzione. Se i cittadini dovessero bocciarla, il Governo deve assumersene le responsabilità. In che misura? Sicuramente nella sua collegialità. Non è Renzi che deve risponderne o la Ministra Boschi: sono il Governo e il Parlamento. Con una sostanziale diversità: la riforma è nata con un accordo ampio, che includeva anche alcune forze di opposizione. Forza Italia ha svenduto un impegno nei confronti del Paese – su una riforma che ha votato fino all’ultimo passaggio dicendosene convinta, con differenze superabili, come d’altronde per tutte le forze politiche – salvo poi smentire l’impegno a fronte della elezione del Presidente della Repubblica. Ergo: un impegno riformatore fasullo o peggio la riforma trattata come merce di scambio. Quindi non deve risponderne Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri e Segretario del PD, ma il Governo che deve richiamare il Parlamento a sostenere questa riforma approvata a larga maggioranza. In caso contrario tutti dobbiamo trarne le conseguenze. Quali saranno i passaggi in questo caso? Non mi pongo la questione ora perché sono convinto il SÌ prevarrà, ma è evidente che comunque cambieranno sia le alleanze che le strategie. Renzi vuole evitare, giustamente, false crisi di Governo o crisi al buio o crisi pilotate, che potrebbero creare ulteriori problemi alla fragilissima fase di uscita dalla crisi economica. Il Presidente Mattarella è poi l’arbitro di vicende politiche così complesse.
Immagino che con i connazionali parlerà anche di cittadinanza, di rete consolare. Non si lamentano gli italiani d’Australia per i tagli e le tasse imposte da questo governo agli italiani nel mondo?
Con gli italiani all’estero parliamo di molte cose. Di come l’Italia ha riconquistato credibilità in Europa e nel mondo. Del modo in cui abbiamo affrontato il tema migranti, della nostra azione continua per sensibilizzare tutta l’Unione Europea sui grandi flussi di umanità e sulla necessità di affiancare ai temi della sicurezza anche quelli della solidarietà e dell’accoglienza. Dello sforzo per uscire dalla crisi economica e dei segnali positivi. Delle tante riforme approvate e di quelle che si sono arenate al Senato, tra cui editoria e cittadinanza. Poi parliamo anche di equità e parità di trattamento. Siamo, me incluso, molto felici che non si annuncino nuove chiusure consolari: un bell’impegno del Governo Renzi. Misureremo anche la capacità di innovare, con il reinvestimento nella rete di una parte delle percezioni consolari. Gli italiani all’estero pensano ad una rete consolare funzionale, efficiente, dove il personale a contratto è tutelato e le remunerazioni sono eque, rivalutate in maniera tempestiva. La riforma della diffusione di lingua e cultura nel mondo deve tener conto di chi ha costruito il tessuto vero su cui sviluppare oggi politiche di inserimento scolastico: gli enti gestori. Il recupero di risorse in assestamento, che comunque arriverà molto tardi, è stato un risultato positivo. Ecco, ora non basta evitare altri tagli ma occorre invece consolidare un investimento serio e duraturo in questo settore. Ovviamente i connazionali si aspettano un miglioramento anche nel pagamento delle pensioni, soprattutto per l’esistenza in vita. E vorrebbero un sistema equo per IMU, TASI e TARI, per tutti, non solo per i pensionati. Così come per il canone Rai. Noi ci stiamo lavorando seriamente: chiediamo l’impegno unitario anche degli altri gruppi.
Micheloni, senatore Pd, ha annunciato il suo No alla riforma. Lei, Fedi, come se lo spiega?
Gli italiani all’estero, che si sono conquistati l’esercizio del diritto di voto per corrispondenza, sono chiamati a contribuire da protagonisti al cambiamento dell’Italia anche attraverso la partecipazione attiva alla campagna per il referendum costituzionale. Se la riforma Costituzionale non si concretizza, la discussione sulla Circoscrizione estero si riaprirà e sono assolutamente certo che si profileranno due possibili soluzioni, entrambe negative: un ruolo di testimonianza in un Senato elettivo oppure la sua eliminazione totale. Queste erano le due proposte al vaglio dei saggi e queste sono le due ipotesi alternative alla riforma che, lo ricordo, prevede invece il mantenimento della circoscrizione estero con 12 deputati che votano la fiducia, le leggi di stabilità e partecipano a pieno titolo alla vita parlamentare. Solo per queste ragioni anche il collega Micheloni dovrebbe votare a favore. Per il resto rispetto le posizioni individuali, ma critico chi attivamente promuove o dirige i comitati per il no. Il PD ha preso una decisione e questa, confermata dal voto dei gruppi, deve impegnare tutti. Detto questo, tanto di cappello a chi esprime liberamente ed apertamente un’opinione, invece che, come sospetto stia facendo qualcuno, fingersi sostenitore del SÌ solo a parole e poi “attendere il risultato” oppure lavorare sottobanco per l’esito opposto.
In realtà all’interno del Pd Micheloni non è l’unico a dire No. A Renzi fanno più male i D’Alema, i Cuperlo e Speranza, che Brunetta e Di Maio?
D’Alema non è più un Parlamentare o dirigente nazionale del PD: come iscritto esprime delle posizioni. Muoversi attivamente per il no è un errore. Il nostro partito deve interrogarsi sulle regole interne, a partire dalle primarie, per arrivare ad un definitivo insieme di regole condivise che eviti l’azione di una “minoranza” interna al PD. Le minoranze in un partito sono incomprensibili. Devono esistere posizioni alternative, anche vere e proprie correnti strutturate su temi e posizioni alternative, ma queste devono portare alla fine di un percorso regolato ad assumere una posizione comune che impegna tutti. Altrimenti vincono i detrattori, interni ed esterni. Brunetta è stato chiaro: il patto del Nazareno era il loro obiettivo ed era teso a trattare per il Quirinale. La riforma Costituzionale, per Forza Italia, era ed è un grimaldello politico. Per il movimento 5 stelle è l’attesa: vediamo come va a finire, pensano i pentastellati, e poi diremo la nostra. Intanto proviamo anche a noi a mandare a casa il Governo. Noi dobbiamo contrastare questo modo di vedere la politica. Per noi la riforma costituzionale ha un valore Istituzionale e come tale la difenderemo.
Il MAIE, Movimento Associativo Italiani all’Estero, pur essendo all’opposizione per quanto riguarda le politiche di Renzi nei confronti degli italiani nel mondo, è deciso a votare Sì al referendum. Per questo sta subendo attacchi fortissimi, anche a causa della “personalizzazione” del referendum attuata dal premier nel primo periodo. Lei è un deputato Pd e non MAIE, ma vorrei chiederle una sua opinione su questo. Essere a favore del Sì sembra che per certe persone voglia dire ancora essere a favore di Renzi…
Apprezzo moltissimo la posizione del MAIE sulla riforma Costituzionale. Si tratta di una posizione maturata da una opposizione seria, che guarda al merito, che guarda anche all’interesse più generale degli italiani all’estero: migliorare il sistema legislativo, ridurre i tempi e i costi della politica. Ma credo sia utile anche confermare quanto dicevo: con questa riforma, che ha superato canguri e super canguri, davvero poniamo una parola definitivamente positiva sulla circoscrizione estero. Ed il MAIE ha capito perfettamente questa situazione. Essere a favore del SÌ significa prima di tutto essere a favore dell’Italia e della sua modernizzazione. Poi spero che il MAIE riconosca l’azione positiva del Governo e di Renzi e passi ad una fase più matura della sua presenza in Parlamento. Ma questa è un’altra storia.
Dopo la vittoria del M5S a Roma e a Torino, l’ultima moda sono i 5 stelle. Anche lei respira questa aria?
Si, però si tratta di un’aria di vittoria che è stantia, che è già vecchia, che il 2013 aveva in parte già consegnato al movimento e che stanno rapidamente disperdendo. Il 5 stelle ha vinto dove noi abbiamo commesso molti errori e ci siamo divisi oppure dove siamo stati così attenti al governo della City che abbiamo trascurato la gente e le periferie e le richieste di attenzione rivolte anche al Governo nazionale, oltre a non aver saputo rinnovare volti e proposte. Credo sia una modesta scossa di assestamento, non la rivoluzione a cui loro pensano. La loro crescita quindi è direttamente proporzionale alla nostra incapacità di cambiare il Paese. Crescono nelle percentuali di voto ma, come tutti, rimangono a guardare la rapida erosione di partecipazione elettorale che domina l’Italia. Ecco, per noi invertire quest’onda d’urto, quella del non voto, rimane la grande unica sfida.
I 5 stelle in Australia come vengono visti?
Credo sia giusto riconoscere al movimento 5 stelle capacità critica e anche propositiva. Su alcuni temi è stato anche possibile lavorare insieme e nelle Commissioni spesso si ottengono risultati positivi insieme. Basta per essere forza di governo? Sicuramente no. Rifiutano di definirsi partito ma la loro struttura è verticistica e poco propensa alla discussione interna e quindi non accettano le regole appena approvate per i partiti: in sostanza sono senza regole. Le loro posizioni su alcuni temi sono intransigenti e non riconoscono i positivi piccoli passi avanti fatti in molti settori: in sostanza non accettano che in democrazia valgono anche i numeri e se non li hai devi trovare una soluzione con altre forze. Le uniche soluzioni che ora hanno trovato sono quelle dell’ostruzionismo che fanno insieme alle altre forze di opposizione. Fare Governo è altra cosa. Gli italiani in Australia lo hanno ben compreso.
Da settembre come ItaliaChiamaItalia riprenderemo il discorso referendum e chiederemo a voi eletti all’estero di entrare nei dettagli della riforma e di esprimere sul nostro giornale le vostre valutazioni. Ma fin d’ora, qual è il messaggio che Marco Fedi vuole lanciare ai connazionali in vista della sfida referendaria?
Siamo con chi vuole cambiare l’Italia, migliorarla per renderla un Paese in cui sia più facile governare ma anche più facile fare opposizione, in cui chi governa ha un programma e un mandato e vince le elezioni per attuarlo e va a casa quando lo decidono gli elettori. Siamo con chi crede in questo progetto, siamo impegnati per il SÌ.
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