Secondo gli ultimi sondaggi pubblicati proprio in questi giorni, gli italiani non hanno ancora ben chiaro in testa cosa prevedano le riforme costituzionali del governo guidato da Matteo Renzi. Inoltre, di fronte al referendum di ottobre, oggi gli italiani sono spaccati praticamente a metà: tra coloro che hanno dichiarato che andranno sicuramente a votare, il 50% dice che voterà sì, l’altro 50% dice che voterà no. Sarà molto importante, dunque, il lavoro di comunicazione che riusciranno a mettere in campo i comitati a favore della riforma e quelli contrari ad essa.
Ricordiamo che, a differenza del referendum sulle trivelle, per esempio, per quanto riguarda quello sulle riforme costituzionali non esiste un quorum di partecipazione. Dunque, il voto di ottobre sarà valido a prescindere da quanti italiani andranno a votare. Questo perché nel caso del referendum abrogativo si deve abrogare qualcosa che le Camere hanno deliberato ed approvato ed è in vigore. Quindi si deve dimostrare che almeno la maggioranza dei votanti (che devono costituire almeno la maggioranza degli aventi diritto al voto) sia contraria a quella norma e la voglia abrogare.
Quello di ottobre sarà un referendum confermativo. Ribadiamo che non è richiesto un quorum, necessario invece a cancellare una norma già vigente. Piuttosto, l’elettore partecipa del processo di revisione costituzionale, non si contrappone al legislatore ordinario. Del resto, sappiamo che la Repubblica stessa discende dal Referendum Istituzionale del 1946 per il quale non era previsto alcun quorum.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ha fortemente voluto le riforme costituzionali (proprio per questo si è deciso per un governo di unità nazionale), ha molto personalizzato il referendum d’autunno: se non passano le riforme, me ne vado, ha ribadito il premier più volte. Un errore, il suo, secondo più osservatori, perché in questo modo tanti elettori – in particolare quelli contrari alle politiche del Pd e della sinistra in genere – potrebbero essere portati a votare contro, non tanto perché non convinti della necessità di riformare la nostra costituzione, ma proprio per mandare a casa un premier che considerano abusivo, non votato da nessuno, condizionato dai poteri forti.
La verità, invece, è che questa legislatura è nata proprio per portare avanti quelle riforme improcrastinabili per il nostro Paese e che rappresentano l’architettura delle nostre istituzioni. Prevedere con certezza oggi cosa accadrà a ottobre è impossibile, anche perché – come abbiamo visto – i sondaggi al momento non fanno chiarezza. Renzi ha convinto il Senato a votare per la propria abolizione: qualcosa di davvero impensabile fino a poco tempo fa. Certo è che i mesi che ci separano dal referendum di ottobre saranno molto intensi e una volta archiviate le Amministrative il dibattito si concentrerà su quello. Anche gli italiani all’estero saranno coinvolti nel voto: italiani nel mondo che, se le riforme passeranno, si vedranno cancellare sei rappresentanti presenti oggi a palazzo Madama.
Vittorio Feltri, giornalista e fondatore di Libero, nei giorni scorsi ha scritto che gli italiani alla fine voteranno Sì al referendum, fosse soltanto per eliminare 300 e passa senatori che costano allo Stato e quindi ai contribuenti milioni di euro ogni anno solo di stipendi. Sarà davvero così? Se avessimo una sfera di cristallo funzionante avremmo ogni risposta.
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