Un quadro aggiornato al 2016 sulle Pensioni in regime internazionale erogate dall’Inps è stato presentato martedì 4 luglio 2017 nel XVI Rapporto annuale , presso la Camera dei Deputati. La relazione è stata svolta dal Presidente dell’Istituto Tito Boeri e il Rapporto è scaricabile sul sito web dell’Inps.
Nel 2016 sono state 770.741 le prestazioni in convenzione internazionale, di un importo – come constata lo stesso Rapporto – “modesto”. Un fatto questo che noi denunciamo da anni e che avremmo voluto correggere con una nostra proposta di legge presentata tempo fa che prevede il raddoppio dell’importo minimale delle pensioni in convenzione e che purtroppo giace ancora ignorata in qualche Commissione. Invece l ’insieme delle pensioni pagate all’estero nel 2016 ammonta a quasi 380.000 prestazioni tra le quali sono incluse sia quelle in regime di totalizzazione internazionale che quelle liquidate sulla base di sola contribuzione italiana (cosiddette pensioni “autonome”).
Nel Rapporto si evidenzia come fino a poco tempo fa il beneficiario di una pensione pagata all’estero era esclusivamente l’emigrante italiano costretto a trasferirsi in un altro Paese per necessità economiche. Oggi a questa tipologia se ne aggiungono altre due: gli stranieri immigrati che hanno lavorato in Italia e sono poi tornati nel proprio Paese di origine e i pensionati italiani che scelgono di emigrare al seguito di figli o nipoti o alla ricerca di luoghi fiscalmente vantaggiosi e/o con un costo della vita relativamente più basso di quello del nostro Paese.
Le pensioni erogate all’estero – giova ricordare che complessivamente questo aggregato rappresenta il 2,2% del totale delle pensioni erogate dall’Istituto – si distribuiscono su ben 160 Paesi, ma con una concentrazione tra i soggetti residenti in Europa e – sia pure in riduzione – in Canada e Usa.
In generale l’evidenza mostra che stiamo attraversando una fase di transizione in cui si sta svuotando la componente dei cittadini italiani emigrati e si manifestano cambiamenti nei Paesi di destinazione dei pagamenti – in crescita quelli verso la Germania e la Svizzera, in diminuzione quelli verso altri Paesi, come la Francia, il Belgio, l’America che sono stati in passato meta dei nostri migranti – mentre non è ancora diventato numericamente rilevante l’apporto degli stranieri.
Dai numeri dell’Inps risulta che nel 2016 , 459.866 pensioni sono state erogate in convenzione con la U.E., 98.794 con la Svizzera, 50.797 con il Canada, 50.077 con l’Australia, 28.104 con l’Argentina, 38.062 con gli USA, 8.423 con la ex-Jugoslavia, 12.417 con il Québec, 7.402 con il Brasile, 7.047 con il Venezuela, 9.752 con altri Paesi.
Di quelle pagate all’estero invece ce ne sono 182.254 in Europa, 96.597 in America settentrionale, 47.581 in Oceania, 41.444 in America meridionale, 1.026 in America centrale, 2.991 in Africa, 1.374 in Asia per un totale di 373.265.
Il dato interessante è la forte crescita delle pensioni pagate in America centrale e in Asia (rispettivamente + 42,8% e +42,6% tra il 2012 e il 2016), determinata soprattutto dal rientro di coloro che, dopo aver lavorato e/o aver conseguito diritto a pensione in Italia, scelgono di tornare nel proprio Paese d’origine.
La gran parte di questa spesa è comunque destinata ancora a cittadini italiani; infatti in media solo poco più del 17% dei beneficiari risulta straniero con differenze però importanti per l’Asia e l’Africa.
Altra componente importante della presenza straniera nella platea dei beneficiari di pensioni Inps all’estero è costituita dai coniugi superstiti di pensionati. Infatti i beneficiari stranieri che vivono all’estero sono soprattutto donne – circa l’80% – ma oltre il 60% sono titolari di pensioni ai superstiti e tuttavia, soprattutto nell’area europea, è in crescita il numero di donne straniere che hanno maturato il diritto alla pensione di vecchiaia per aver lavorato in Italia.
Nel proprio Rapporto l’Inps sembra nuovamente mostrare perplessità sull’esportabilità nei Paesi extraeuropei delle prestazioni assistenziali affermando che “Un aspetto di interesse in questo ambito riguarda le cosiddette prestazioni a carattere non contributivo (principalmente, integrazione al trattamento minimo, maggiorazioni sociali, pensioni e assegni sociali), anche per le implicazioni che possono derivarne sulla coerenza ed efficienza del sistema.
La materia, come noto, è regolamentata da norme europee che prevedono la garanzia di livelli minimi di importo delle prestazioni ma al tempo stesso stabiliscono la non esportabilità delle prestazioni speciali non contributive nei Paesi in cui si applicano i Regolamenti UE per il Coordinamento dei Sistemi di Sicurezza Sociale e spostano la tutela completamente a carico dell’istituzione del paese di residenza. Ciò comporta che forme di integrazioni pagate dall’Inps possano essere godute solo da chi risiede in un Paese Extra-UE, ovviamente in presenza dei requisiti previsti per l’accesso al diritto. Nonostante in passato si sia fissato, per limitare il fenomeno, un requisito contributivo minimo per poter avere l’integrazione al trattamento minimo, spesso il diritto all’integrazione al minimo e ad altre prestazioni non contributive è riconosciuto anche a pensionati che hanno versato contribuzioni esigue nel nostro Paese. Il numero di pensioni integrate o che godono di maggiorazioni sociali e/o quattordicesima a favore di titolari che risiedono all’estero non è basso e la spesa relativa ammonta nel 2016 a circa 96 milioni di euro. Si ricorda che queste prestazioni non sono soggette a tassazione in Italia né diretta né indiretta”. Speriamo che queste affermazioni non siano un segnale per un nuovo attacco (il primo siamo riusciti a sventarlo) all’esportabilità di talune prestazioni assistenziali nei Paesi extracomunitari.
Infine l’Inps sottolinea che per quanto al trattamento fiscale applicato alle pensioni pagate all’estero, con riferimento alle 55.238 pensioni erogate nel periodo d’imposta 2016 per cui è stata richiesta l’applicazione delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, quasi l’85% (46.848 soggetti) dei pensionati detassati si concentra su sei paesi (Australia, Germania, Svizzera, Canada, Belgio e Austria).
Il mancato gettito che ne deriva (altra ossessione dell’Inps?) si stima, ipotizzando l’assenza di eventuali detrazioni d’imposta, in 102 milioni di euro.
I deputati PD Marco Fedi e Fabio Porta
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