Poiché reputavo che le “quote rosa” rappresentassero un raggiro demagogico della Costituzione, per la quale non esistono differenze tra razza, religione e, appunto, sesso, sia Roberto Papetti del Gazzettino, che Sergio Romano del Corriere, mi risposero molto razionalmente, affermando che la dicitura “quote rosa” è infelice, in quanto sembra che rappresenti una minoranza disomogenea dai restanti cittadini (Romano ricorda negli USA l’Affirmative action per i neri), ma il problema, in sé, permane, in quanto le donne sono effettivamente oggetto di discriminazione nell’ambito del lavoro.
Nella mia precedente, però, mettevo anche in guardia, stante il riconoscimento “legale” del diritto alla parità dell’occupazione dei posti tra maschi e femmine, del fatto che, sicuramente, le battagliere femministe non si sarebbero accontentate di un posto, come regalia, concesso alla “donna di famiglia” Sensi al Comune di Roma, ma avrebbero preteso, “giustamente con diritto”, il 50% dei posti pubblici! Infatti, ci risiamo: c’è in corso un nuovo ricorso al TAR!
Possibile che non ci sia un avvocato costituzionalista che denunci il fatto che l’obbligo del diritto alla parità dell’occupazione non sussiste se catalogato per differenziazione: di censo, di religione, di razza e di sesso… in quanto tutti i cittadini italiani sono esattamente uguali di fronte allo Stato (a parte particolarità ben circoscritte). Quella sentenza di annullamento del Consiglio Comunale di Roma, brandita come arma giustizialista dal TAR romano, è platealmente incostituzionale dalle fondamenta!
Il Sindaco Alemanno, invece di rispondere ridicolmente che “tre donne finora in giunta erano sufficienti” (mettendosi dalla parte del torto), dovrebbe appellarsi alla Costituzione, affermando categoricamente che egli nomina come assessori le persone più meritevoli per quel posto e non perché sono donne o neri o trans, musulmani, altoatesini o immigrati! Ma ce l’ha il coraggio questo nostro sindaco di andare contro la demagogica sparata delle femministe di sinistra?
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