Grande sconfitto in queste elezioni presidenziali è senza dubbio Matteo Salvini, leader della Lega. Ora, tanti lo attaccano (accusandolo di tradimento) ma forse lui potrebbe avere meno responsabilità di quante ne ha effettivamente, sebbene abbia sbagliato. Avrebbe potuto non votare Mattarella.
Quella di Salvini sembra una leadership logorata dall’interno. Egli prese la Lega nel 2013 e la fece diventare un grosso partito, cambiandone i connotati e con la promessa di una politica di un centrodestra incisivo e forte. La Lega di Salvini non è la Lega Nord di Umberto Bossi. La Lega Nord era il partito del Nord contro Roma (a livello politico) mentre la Lega di Salvini si presentò come partito nazionale sovranista. Questa strategia pagò in termini di consensi.
Ora, si sta vedendo una vera e propria involuzione. Quanto sta accadendo alla Lega di oggi ricorda quanto accadde nel Popolo della Libertà dal 2010, dalla scissione operata da Gianfranco Fini. Fini fece la prima rottura. Da quel momento in poi il Popolo della Libertà andò male. Il suo leader Silvio Berlusconi perse il controllo del partito. Con il sostegno al Governo presieduto da Mario Monti (che entrò in carica il 16 novembre 2011, dopo altre defezioni nel Popolo della Libertà che portarono alle dimissioni di Berlusconi dalla carica di premier) il Popolo della Libertà andò giù in picchiata. Perse ogni elezione. Ci fu anche la scissione dell’ala destra del partito che portò alla nascita di Fratelli d’Italia.
Nel 2013, esso recuperò dei voti (grazie allo sforzo di Berlusconi) ma dovette fare un Governo con il Partito Democratico, il Governo presieduto da Enrico Letta. Il Partito Democratico era in una posizione di forza. Ad un certo punto, Berlusconi volle sfiduciare Letta, ma gli esponenti del Popolo della Libertà filo-governativi (come Angelino Alfano) gli si opposero. Alla fine, confermò la fiducia a Letta. Allora, Berlusconi volle rifondare Forza Italia, ma i governisti (come Alfano) si opposero e fecero una scissione. Il resto è storia recente.
Quello che si vede nella Lega di oggi ricorda esattamente quanto si vide nel Popolo della Libertà, soprattutto nel 2013. Ci sono esponenti favorevoli al premier Mario Draghi, come il ministro Giancarlo Giorgetti, ed esponenti che si oppongono, come l’onorevole Claudio Borghi Aquilini.
Le rispettive linee si scontrano. Sembra che tale contrapposizione abbia logorato la leadership di Salvini. Riguardo alle elezioni del Quirinale, Salvini stesso ha detto che altri hanno tradito e che si è trovato a non avere altre scelte. Tuttavia, egli avrebbe potuto lasciare libertà di voto ai suoi grandi elettori. Egli avrebbe potuto fare tale scelta per vedere quanti nel suo partito e nel centrodestra avrebbero votato Mattarella. Ciò sarebbe stato un escamotage per farsi un’idea sul reale consenso che egli ha dentro il suo stesso partito, consenso che qualcuno mette in dubbio, e per agire di conseguenza. Forse, Salvini potrebbe avere dubitato della sua forza dentro il suo stesso partito?
A questo punto, serve un chiarimento soprattutto nel centrodestra, ammesso che esso esista ancora. Sorge spontanea questa domanda: questa alleanza di governo pro-Mario Draghi è tattica o strategica? Salvini dovrebbe dare una risposta, come la dovrebbero dare altre figure che appartenevano a quella che forse era l’area del centrodestra. Se l’alleanza di governo fosse strategica ci sarebbero degli scenari nuovi per il futuro, scenari impensabili fino a qualche settimana fa.