Con le sue ultime dichiarazioni Marchionne accusa Confindustria e sta dalla parte del governo, con Osvaldo Napoli che plaude dicendo che Emma Marcegaglia dovrebbe riflettere sul perché l’ad di Fiat affermi che Confindustria fa “come Penelope: approva l’azione del governo salvo smontarla negli accordi con i sindacati, incerta e ambigua fra il bisogno di innovazione e il timore del conflitto”. Naturalmente sono contrari i sindacati, in modo più o meno tranchant, con il segretario confederale Vincenzo Scudiere che sostiene che “la Fiat non vuole rispettare le regole e nega la rappresentanza”. Critico anche il leader della Cisl Raffaele Bonanni che contesta le motivazioni dell’uscita, mentre il numero uno della Uil Luigi Angeletti si chiama fuori dalle polemiche, dicendo che “è una questione che attiene ai rapporti tra l’azienda automobilistica e l’associazione imprenditoriale e su cui i sindacati non possono avere, più di tanto, voce in capitolo”.
Il più duro, ovviamente, è il segretario della Fiom Maurizio Landini, che a Marchionne si contrappone frontalmente ormai da oltre un anno: per lui questo è “il segnale del disimpegno dal Paese”. Ma se Marchionne, che si è sempre detto estraneo alla politica, con la sua dichiarazione fa da sponda e sostegno al governo, chi invece lo punzecchia è il ministro Tremonti che, alla fine della conferenza stampa tenuta dopo la riunione dell’Ecofin, sembra scaricare Berlusconi e il suo governo. Un’interpretazione che il centrodestra respinge, anche se dalle file della maggioranza parte qualche siluro in direzione del titolare di Via XX Settembre. "Il caso della Spagna secondo me dipende anche dall’annuncio di elezioni, che di per sé sono una prospettiva di cambiamento e quindi un’apertura di futuro, no?", ha detto testuale il ministro e per le opposizioni il senso è chiaro: ”Anche Tremonti oggi ha dovuto ammettere che l’anticipo delle elezioni ha messo la Spagna in una condizione migliore dell’Italia, come dimostra il livello dello spread rispetto ai Bund tedeschi”, ha detto il coordinatore della segreteria Pd Maurizio Migliavacca. “Il re è nudo, Tremonti l’ha capito”, ha invece esultato il deputato Fli Aldo Di Biagio. A gettare acqua sul fuoco provvedono lo stesso ministro, che diffida immediatamente da letture della sua affermazione in chiave di politica interna (“se mi riferivo all’Italia? Ma no, ho detto così per dire”), e il suo portavoce (“da sempre quando parla all’estero con la stampa il ministro Tremonti evita temi italiani. Il riferimento agli spread spagnoli era ed è di conseguenza esclusivamente relativo alla Spagna e non all’Italia”, puntualizza). Poi, in una nota, il ministro ribadisce: “Ero in Lussemburgo e non stavo parlando di politica interna italiana. Ogni Paese ha la sua particolare situazione. L’Italia ha appena fatto il pareggio di bilancio e sta facendo la legge di stabilità. Ogni riferimento alla politica interna italiana è di conseguenza totalmente infondato e strumentale”. Ma le parole di Tremonti continuano a fare discutere.
Il Giornale, oggi, dice che Berlusconi, comunque, sente sempre più forte la puzza di un ribaltone ed il delinearsi di una strategia trasversale per un governo di transizione, con lui fuori dai piedi. Secondo Adalberto Signore, il premier avrebbe detto che si respira una strana aria dopo che Giulio Tremonti ha evocato lo spettro di elezioni anticipate, con naturale tam tam mediatico ad amplificarne il senso e la portata. A rendere il clima ancor più infuocato, la notizia, che arriva da Oltreoceano, che ora anche Moody’s ha tagliato il rating del nostro debito sovrano. Ogni giorno ha la sua pena per il Cavaliere, preso in una morsa senza fine, il cui perimetro si compone del processo Ruby, dell’affondo di Confindustria e della sentenza Mills, attesa per novembre. Ed ora anche questa ennesima stoccata di Tremonti che, anche dopo i chiarimenti e le smentite, resta molto difficile da digerire. Se le parole hanno un senso, non c’è molto da chiosare sulla frase del ministro scomodo e potentissimo, da sempre corpo estraneo del Pdl e vero alleato di Bossi e della Lega.
L’aria attorno a Berlusconi è più che mai insalubre, anzi è decisamente miasmatica, “la stessa che tirava nel ‘94”, ripete il Cav in privato. Scrive, infatti, l’amico “il Giornale”, che il timore è che dopo l’ennesima prova di tenuta parlamentare della maggioranza su Milanese e Romano, i fautori del dopo-Berlusconi puntino su una “scintilla” esterna per la defenestrazione. E sia il declassamento arrivato da Moody’s, sia l’ennesimo braccio di ferro con Tremonti in attesa del decreto-sviluppo, lo rendono molto, molto nervoso. A proposito di quest’ultimo, essenziale provvedimento, sfogandosi con i suoi Berlusconi pare abbia detto che Tremonti “lo vuole fare a costo a zero, un provvedimento del tutto inutile su cui ci salteranno tutti addosso. E invece questa volta o troviamo i soldi e facciamo qualcosa di concreto oppure finisce male”. Ed è la prima volta che Berlusconi si sente vacillare e percepisce di esere ormai con “i piedi d’argilla”.
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