Il Prof. Stefano Zecchi è intervenuto a Radio Cusano Campus e su Matera capitale della cultura 2019 ha detto: “Parlare di bellezza deve avere un senso, proprio da un punto di vista educativo, formativo. Dovendo lasciare l’università, ho aperto un mio ateneo di scienza della bellezza perché bello significa dare un senso alle cose, ritrovare un rapporto positivo con gli altri e con la nostra storia e tradizione. Cultura è una parola molto generica, ma cultura deve essere scuola, insegnamento, se non partiamo dalla scuola. Se non partiamo dalla scuola non avremo mai la capacità di comprendere il senso della cultura. Bene questi eventi come quello di Matera, ma non vorrei si limitassero solo a un marketing turistico, che va bene anche quello, però cultura è scuola, è da lì che si deve partire”.
Viviamo un degrado culturale? “Queste visioni catastrofistiche non mi appartengono. Abbiamo a che fare con un mondo in forte cambiamento dal punto di vista della comunicazione, della comprensione di ciò che è formazione. La globalizzazione porta ad una massificazione della cultura con un abbattimento dei livelli, ma questo non significa regressione, anzi è una sfida. Noi dobbiamo guardare avanti e confrontarsi con i nuovi mezzi di comunicazioni. Oggi gli influencer finiscono col guadagnare 50 volte quello che prende un medico chirurgo. Noi dobbiamo fare i conti con queste cose qui senza moralismi. Per questo credo sia fondamentale il ruolo della scuola”.
Sulla scuola e il ruolo dell’insegnante oggi. “E’ accaduto che il ruolo sociale dell’insegnante è stato abbattuto, soprattutto da chi non hanno la qualità culturale ed esistenziale di riconoscere il ruolo della scuola. Mettiamoci però anche una mano sulla coscienza: i professori oggi non sono sempre all’altezza della situazione. Ci sono insegnanti che danno l’anima e altri che sono lavativi incompetenti. Prima si diceva: vado al Parini, vado al Manzoni. Oggi le differenze sono invece all’interno degli stessi istituti, sezione per sezione”.
Sui parlamentari che usano il termine ‘professorone’ con accezione negativa. “La politica è lo specchio della nostra società. Noi eleggiamo questi politici, non è che vengono fuori dai boschi come i funghi dopo un temporale. Se pensano male è perché nascono da una realtà sociale inadeguata a portare avanti il Paese. In Germania c’è un rispetto per le istituzioni scolastiche che è enorme. Mai un politico si sognerebbe di dire: ‘questi professoroni…’. Se un parlamentare dice così vuol dire che nasce da una realtà degradata da un punto di vista culturale, ma il problema non è suo se viene eletta, il problema è il nostro”.
Sulla partecipazione alla politica. “Da un punto di vista politico-culturale si è sempre dimostrato che gli aventinismi sono negativi. Bisogna sporcarsi le mani, capire come dare il meglio di sé quando ti viene chiesto. Non proporsi, ma essere disponibili alla richiesta. Ormai la comunicazione chiede toni alti, e lì è una questione di stile, di buon gusto. Io quello che mi permetterei di dire è di essere protagonisti solo quando te lo chiedono. Ma noi non possiamo a rinunciare alla politica, dobbiamo avere la capacità di cogliere con quale stile bisogna avvicinarsi”.
Riguardo gli attacchi ai professoroni su twitter. “So che questo è lo scotto da pagare. E’ sempre accaduto questo, una volta si usava l’espressione ‘chiudersi nella propria torre d’avorio’. Umberto Eco diceva: una volta si andava al bar si dicevano idiozie ma rimanevano al bar, oggi si dicono sui social e purtroppo vengono diffuse in tutto il mondo. Bisogna fare i conti con questa realtà e quindi sapere che puoi essere un bersaglio, però questo non ti deve mettere in una situazione di rinculo, di protezione, devi sfidare questo tempo che ha un altro modello di comunicazione, di cultura e di scuola”