I dati negativi sulla produzione industriale in Cina hanno spinto oggi verso il basso prima i mercati asiatici, poi quelli europei. Interrompendo un periodo di crescita decisa, tutti i principali indici asiatici hanno mostrato oggi un netto rallentamento, con l’ Hang Seng di Hong Kong che ha segnato una caduta dell’ 1,2%, il Nikkei di Tokyo dell’ 1,6% e lo Shanghai Composite del 2,1%. A scatenare la corsa alla vendita e’ stato il cosiddetto Flash Purchase Manager Index (Pmi) dell’Hong Kong&Shanghai Banking Corporation (Hsbc), che per settembre e’ stato sul livello del 47,8%. Un leggero miglioramento sul 47,6 di agosto ma ancora nettamente al di sotto del 50%, considerato il confine tra crescita e stagnazione. La settimana di fuoco sul fronte dei rapporti tra Cina e Giappone – con l’ esplodere delle polemiche tra i governi e delle proteste di piazza per la controversia sulle isole Diaoyu-Senkaku, non ha certo aiutato a scacciare il pessimismo.
‘I dati di oggi – ha commentato un economista della Hsbc – sono rassicuranti nel senso che la situazione produttiva dell’ industria cinese non e’ peggiorata. Pero’ ci stiamo avvicinando al 12mo mese nel quale il Pmi e’ sotto al 50%, e una ripresa non e’ in vista’. Il declino delle export cinesi non e’ stato compensato dall’ aumento del consumo interno, sul quale molti puntavano le speranze di ripresa. Il declino della produzione manifatturiera, del resto, non sembra abbastanza accentuato da spingere il governo di Pechino a varare un pacchetto di stimolo alla crescita paragonabile a quello lanciato alla fine del 2008, quando e’ esplosa la prima fase della crisi finanziaria. In Cina, si attende da un momento all’ altro l’ annuncio della data di apertura del 18mo Congresso del Partito Comunista, che dovrebbe dare il via al processo di ricambio al vertice. In questa situazione – economia lenta ma non in crisi e una delicata scadenza politica alle porte – massicci interventi del governo sono largamente improbabili.
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