Venezia nel suo vestito migliore ha accolto presso la Scuola Grande di San Teodoro la “Pro Biennale”, l’esposizione interamente dedicata all’arte contemporanea e al design. A tagliare il nastro della mostra Vittorio Sgarbi nel giorno del suo compleanno che ha voluto festeggiare insieme agli artisti e al manager della cultura e Presidente di Spoleto Arte Salvo Nugnes che ha organizzato l’evento.
«In questo periodo così incerto per il nostro Paese – dichiara Nugnes – l’arte rappresenta un punto fermo da cui riconquistare l’orientamento e l’identità nel nostro immenso patrimonio artistico ritrovato nella contemporaneità. Per questo è importante dare il giusto spazio a questi artisti che altrimenti non avrebbero altre occasioni per emergere».
La giornata è stata anche l’occasione per festeggiare il compleanno del noto critico d’arte, celebrato dai tanti artisti presenti e dai numerosi ospiti d’eccezione come Katia Ricciarelli, Pippo Franco, Silvana Giacobini, José Dalì, Alberto D’Atanasio, Roberto Villa, Enio Drovandi, Enrico Cipriani e Patrick Ray Pugliese.
“Penso a questa giornata del mio compleanno come a un giorno luttuoso perché mi avvicino alla morte. Il prossimo anno non ci sarò, provvederò a sparire e tornerò dopo questa incresciosa data – ha esordito Vittorio Sgarbi -. Sono qui oggi quindi con un doppio dolore: per la mia età che avanza e per l’insuccesso degli artisti ai quali viene negata la giusta attenzione che meriterebbero”.
“La Quadriennale è pressoché chiusa, la Triennale è volta solo ai temi dell’architettura, e infine la Biennale di Venezia, preposta a mostrare lo stato dell’arte, è un luogo totalmente latitante, nonché la più mafiosa tra le manifestazioni d’arte perché non consente l’accesso a tutti – ha proseguito -. Per questo, la Pro Biennale ha lo scopo di soccorrere coloro che altrimenti non avrebbero la possibilità di farsi conoscere, mantenendo viva la fiamma della creatività. Molti infatti vivono nell’incubo e nell’incertezza di non poter mai essere riconosciuti in una dimensione ufficiale in cui lo Stato garantisca il puro diritto alla creatività, al pari di quello al lavoro, in quanto parte essenziale di una vita libera”.
“Soffro per la mia impotenza, quella di non poter risolvere il problema di ciascun artista, perché il fatto che guardi le sue opere non diventa automaticamente un riconoscimento. Per questo – ha concluso -, auguro ai presenti di riuscire a trovare quel riscontro tanto cercato, ricordando però che i grandi non possono essere che pochi: perché ciò che rende la vita straordinaria è la differenza, la diversità. Viviamo una società dell’uguaglianza ma vogliamo aspirare alla differenza: chi non è diverso non è, e questo è un altro tema evidenziato dall’arte”.