Michele Boldrin, coordinatore nazionale di Fare per fermare il declino, commenta così l’annuncio del Governo dell’intenzione di ridurre lo stock di debito dismettendo parte del patrimonio pubblico: “Registriamo con soddisfazione l’arrivo sul tavolo del Governo, sia pure in ritardo e con sostanziali differenze tecniche sulla loro realizzazione, di proposte sulle dismissioni in linea con le posizioni da noi espresse all’atto della creazione di Fermare il declino, un anno fa. Eppure temiamo che, nel solco della peggior tradizione italiana, queste proposte siano soltanto strumentali alla dialettica interna della maggioranza e non invece volte alla realizzazione della riduzione del debito pubblico, che dovrebbe essere il principale obiettivo del Governo e uno dei passaggi fondamentali per favorire la ripresa della crescita del nostro Paese”.
La dismissione di una parte considerevole degli asset pubblici non strategici (es. ex caserme, aree inutilizzate, impres industriali, eccetera) finalizzata alla riduzione strutturale del debito statale è, fin dalla sua fondazione, il primo punto del programma di Fare per Fermare il declino. Su questo tema i nostri esperti hanno prodotto molte analisi e un’ampia documentazione, che è stata messa a completa disposizione dell’opinione pubblica e il cui complesso rappresenta lo stato dell’arte in materia.
Secondo Boldrin “Fare per fermare il declino prevede la concreta possibilità di raccogliere 210 miliardi in 5 anni (105 dal patrimonio immobiliare, 15 dalla migliore valorizzazione delle concessioni di stato, 90 dalla vendita delle società partecipate dal Tesoro). Tuttavia è lecito dubitare della buona volontà dell’esecutivo: già più volte infatti, nelle ultime settimane, abbiamo dovuto registrare che sotto slogan accattivanti e altisonanti come il “Decreto del Fare” o il “Piano contro la disoccupazione”venivano celate misure parziali, inadeguate o mal disegnate. Nel caso delle privatizzazioni ci teniamo pertanto a sottolineare che, per essere una manovra seria, i beni alienati dovranno essere realmente trasferiti fuori dal perimetro del controllo pubblico e non semplicemente parcheggiati in aree grigie come è avvenuto in passato utilizzando la Cassa Depositi e Prestiti. Sarebbe l’ennesima presa in giro per gli italiani”.
Boldrin conclude quindi annunciando che Fare per fermare il declino sarà implacabile nel monitorare i progressi concreti di questo programma, stigmatizzando ogni passaggio a vuoto come per esempio appare essere già oggi l’incapacità persino a realizzare un semplice inventario dei beni dello Stato. Quella di Fare per fermare il declino infatti non è diffidenza di facciata, ma un richiamo all’attuazione reale, nei fatti, di politiche che l’Esecutivo dice di voler perseguire. Per ora solo a parole.
Fare per Fermare il Declino è il partito politico scaturito dal movimento nato lo scorso agosto per iniziava di sette personalità di primissimo piano a livello italiano e internazionale, indipendenti e libere da legami politici con i vecchi partiti. Il loro manifesto di appello agli italiani, pubblicato su sei quotidiani e intitolato “Cambiare la politica, fermare il declino, tornare a crescere”, è basato su 10 punti programmatici, semplici e realizzabili, e ha ottenuto una immediata e forte risposta da parte degli italiani, che ha permesso di partecipare alle elezioni politiche già dopo pochi mesi dalla costituzione. Oggi il movimento conta oltre 70mila adesioni.
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