“Primo maggio, Festa del Lavoro. Ma quale lavoro, se in Italia la disoccupazione continua a crescere e quella giovanile ha ormai raggiunto livelli allarmanti? Io non festeggio, perché credo non ci sia nulla di festeggiare. E in questa giornata il mio pensiero va a quei milioni di italiani che non hanno nulla su cui contare per garantire a se stessi e alle proprie famiglie una vita degna di tale nome”. Così il direttore di ItaliaChiamaItalia, Ricky Filosa, sul proprio profilo Facebook.
“Penso anche – prosegue il giornalista – a chi è costretto a lavorare otto ore al giorno per quattrocento euro al mese, e magari deve farlo in nero, perché altrimenti non lavorerebbe affatto. Penso a quei colleghi che vengono pagati cinque euro a pezzo, e che, pur di guadagnarli, fanno il giro delle redazioni sperando che una di queste sia disposta a pagare per un articolo una somma con la quale ormai non si compra più nemmeno un pacchetto di Marlboro. Penso ai laureati che per vivere si sono rassegnati a battere cassa in un supermercato. E penso a mia sorella, laureata con 110 e lode, professoressa ancora precaria a 36 anni, e a tutti quegli insegnanti come lei, per i quali la certezza nel futuro dura un anno e non di più, perché non sanno se l’anno dopo avranno ancora un posto di lavoro”.
“Articolo primo della Costituzione: la Repubblica Italiana è fondata sul lavoro. Ma in moltissimi casi il lavoro diventa schiavitù e sfruttamento, anche da noi, anche in un Paese civile come l’Italia. Io non ci sto. Io non rinuncio ai miei sogni, ai miei diritti, alle mie ambizioni, convinto come sono, forse in maniera un po’ presuntuosa, di valere molto più di un piatto di lenticchie. Fate lo stesso anche voi – conclude Filosa -. Non arrendetevi. Non svendetevi. Non rassegnatevi. Continuate a combattere. Per i vostri diritti, per le vostre legittime aspirazioni, alla ricerca della felicità”.
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