Per la seconda volta in tre giorni, il presidente cinese Xi Jinping ha attaccato direttamente il Giappone, accusandolo di voler "cambiare la storia e i fatti" negando di aver "aggredito" la Cina con l’ invasione iniziata nel 1937 e terminata nel 1945. Xi, che e’ anche il segretario del Partito Comunista Cinese, ha parlato a Pechino davanti ad un migliaio di persone all’ inaugurazione di un nuovo museo, significativamente dedicato alla "resistenza del popolo cinese contro l’ aggressione giapponese".
"E’ un peccato che una piccola minoranza di persone ancora scelga di ignorare la storia e il fatto che decine di milioni di innocenti abbiano perso la vita", ha sostenuto Xi in un chiaro riferimento al Giappone. "Questa minoranza – ha proseguito il numero uno in un testo diffuso dall’ agenzia ufficiale Nuova Cina – ha ripetutamente negato o addirittura abbellito la storia dell’ aggressione, minando la fiducia reciproca tra gli Stati e creando tensione nella regione". "Chiunque intenda negare, distorcere o imbellire la storia dell’ aggressione non verra’ mai tollerato dal popolo cinese e dai popoli di tutti gli altri Paesi", ha aggiunto il leader cinese.
Nuova Cina sottolinea che le pesanti dichiarazioni di Xi vengono dopo l’ annuncio, il primo luglio, da parte del premier giapponese Shinzo Abe di una nuova "interpretazione" della Costituzione pacifista giapponese. In base a questa nuova e "liberale" interpretazione, i membri delle "Forze di Autodifesa" giapponesi (cioe’ l’ esercito) potranno partecipare ad azioni militari condotte da Paesi alleati, come gli Stati Uniti. Sabato scorso, durante una visita in Corea del Sud, il numero uno cinese ha denunciato la "barbarica invasione della Cina, della Corea e di altri Paesi asiatici" da parte del Giappone, che ha provocato "immense sofferenze" alla popolazione civile. Pechino e Tokyo stanno attraversando una grave crisi nelle loro relazioni innescata dalla disputa sulle isole Senkaku/Diaoyu, nel mar della Cina orientale, controllate dal Giappone fin dal 1895 ma rivendicate dalla Cina.
La crisi sulle Senkaku e’ esplosa nel 2012, con la decisione del governo di Tokyo di acquistarle da un privato che se ne era dichiarato il proprietario. La Cina ha ritenuto che si trattasse di un’ annessione definitiva, ed ha apertamente rivendicato il possesso delle isole – un gruppo di scogli disabitati ma al centro di un tratto di mare ricco di risorse naturali. L’ indurimento della posizione cinese ha coinciso con l’ ascesa al potere di Xi Jinping, che ha dato un forte impulso alle rivendicazioni territoriali della Cina nel Pacifico. Oltre che con il Giappone, Pechino ha in corso dispute sui confini delle acque territoriali nel Pacifico con altri due alleati degli Usa, il Vietnam e le Filippine.
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