Nel salotto di Porta a Porta è andato in onda ieri il primo round del prevedibile match Salvini-Alfano dopo la sorprendente vittoria americana di Trump. Il ministro è riuscito a mantenersi ritto e calmo, rispondendo ai colpi sferrati di continuo dall’avversario con un leggero fastidio ma senza cedere alle ripetute provocazioni. Non era lui lo sfidante, gli è bastato conservare il titolo, cioè la continuità della sua linea politica.
Il personaggio da osservare era Salvini, non tanto per quello che diceva, sempre le stesse cose, quanto per la sindrome della vittoria condivisa che manifestava in ogni suo atteggiamento. Sorriso soddisfatto e sguardo più spavaldo del solito, rivolto alla telecamera più che agli interlocutori; incapacità di contenersi sulla poltrona, felicità al quadrato come in uno spot pubblicitario. Rappresentazione plastica dell’elettore americano che votando Trump si aspetta da lui, e non da se stesso, il cambiamento di vita sperato.
Cosa si aspetta Salvini dal nuovo Presidente americano? Che l’ondata del populismo trascini l’Europa verso una deriva antidemocratica, che le ruspe scaldino i motori, che i propositi scellerati di chi semina zizzania portino frutti alla sua ascesa politica.
Speriamo che il popolo italiano non abbia perso del tutto la memoria delle tragedie del Novecento e che l’elezione di Trump lo induca a riflettere sui pericoli reali che alcune scelte apparentemente innocue possono produrre. I nazionalismi sono l’avanguardia dei fascismi: serve prudenza in questo momento storico. Pensiamo ai nostri figli, a non esasperare i conflitti civili e a preparare per loro un futuro di pace e un progresso che non sia soltanto tecnologico.
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