E’ una squisita focaccia o schiacciata, che viene preparata con farina di riso, frumento, soia e pasta madre (lievito fatto seccare e disidratato) tutti ingredienti molto digeribili. I cittadini della capitale, grandi aficionados di questa pietanza, fanno risalire le sue origini all’antica Roma, ma le fonti storiche dell’epoca non confermano questa notizia.
Secondo quanto tramanda il folklore locale, la pinsa risale al tempo in cui i romani rendevano tributo agli dei con offerte. Pare infatti che venga nominata da Virgilio nell’Eneide, come base per diverse vivande.
Nei tempi antichi la cosa più essenziale che i romani avevano da donare alle divinità locali era un impasto che realizzavano con una focaccia. Gli ingredienti che la formavano erano semplici.
Alla base del prodotto c’è una miscellanea di una serie di farine di cereali, frumento, riso, soia, miglio, orzo, avena e farro, che venivano mescolati con acqua, erbe aromatiche e sale ed amalgamati con pasta. Il composto veniva cotto su pietre poste sui carboni. In verità la Pinsa Romana nasce nel 2001, con tanto di marchio ufficiale di una nota azienda (Di Marco, ndr).
Si differenzia dalla pizza per preparazione, forma, contenuto d’acqua, ingredienti e tempo. Anche la lavorazione della pinsa è diversa da quella della pizza, dall’impasto, alla stesura, alla cottura e alla lievitazione, che dura almeno 2 giorni e la rende molto più digeribile. Rispetto alla pizza ha un alto contenuto di acqua, circa l’80%, mentre la pizza ne ha il 60%, contiene meno sale e non si stende, ma prende la sua forma schiacciandola.
Spesso viene indicata come una pizza bianca condita senza salsa di pomodoro, solo con olio e sale, con l’aggiunta di altri ingredienti come pomodori, salame, formaggio e verdure. L’impasto viene cotto senza farcitura e successivamente ricoperto. Ricordiamo che esiste anche l’Albo dei Pinsaioli e l’Associazione Originale Pinsa Romana. Chi desidera degustarla, può recarsi presso i locali chiamati “pinseria”.