Ai cattolici professanti non è permesso criticare il Papa. Ecco perchè, nel rispondere alle considerazioni di Biagio Maimone su Bergoglio come un uomo scomodo, chi vi scrive intende offrire una valutazione politica. Dopotutto, il Papa è un capo di stato e da sovrani i papi non hanno mai brillato. Bergoglio non è da meno, anzi forse siamo davanti al più incapace politico elevato al soglio di Pietro nella storia della chiesa. E la pace sociale, semmai Bergoglio l’abbia abbracciata, finora non ha giovato ai credenti.
Tra Amoris Laetitia, travagliato documento sull’amore nella famiglia che ha stravolto la dottrina sulla comunione ai divorziati risposati e che quel Sinodo Pan-Amazzonico appena concluso, che ha sollevato un polverone su viri probati, paganesimo della Pachamama e riaperto la questione del diaconato alle donne già chiusa l’anno scorso con risultati negativi. Per non parlare quindi della dichiarazione congiunta con i musulmani, dove di fratellanza tra i popoli e sviluppo integrale si parla, ma senza Gesù Cristo… chi sarà mai questo sconosciuto? Tra la chiesa cattolica e le tante organizzazioni non governative ormai non c’è alcuna differenza.
Il Cardinale di Bologna, Caffarra, che aveva speso una vita a difendere la chiesa, morì pensando che forse aveva fatto male il suo operato di ministro vaticano, visto che agli occhi dell’opinione pubblica era diventato nemico giurato di Bergoglio. Nel clima di alto messaggio evangelico, Bergoglio non si degnò mai di rispondere a una sua filiale richiesta di indirizzo pastorale e morale. ‘Fate ciò che dico, non ciò che faccio’ è il motto del sovrano!
Sull’uguaglianza, anche quella è un grande mito di Giorgio. Ricordo una volta, una suora, al catechismo lesse un passo che diceva: «a uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità», forse per farmi capire che non tutti siamo uguali e se cerchiamo l’uguaglianza, spesso nel retro nascondiamo la superbia e l’invidia.
L’idea che in qualche modo la chiesa dei primi secoli fosse una comune marxista è alquanto astratta.
Si trattava di una chiesa dotta, educata, capace di esprimere e affrontare questioni di cristologia e di ecclesiologia. Oggi, al massimo si discute di cambiamenti climatici, di ospedali, di case di cura, di servizi igienici, di commissioni, di sinodi, di amministrazione. Non più preghiera e cura dell’anima, ma di beni materiali, di business, di scandali. Quando poi gli animi si inquietano, ecco spuntare la misericordia – una bella toppa contro chi ne ha le scatole piene della politica bergogliana.
Intanto le chiese si spopolano e i giovani, quelli più credenti, si accostano alla Santa Messa in Latino, diventano tradizionalisti. E i sacerdoti? Erano meglio quando erano eretici, quantomeno, come diceva sant’Agostino, per essere eretici bisogna essere grandi uomini.
A quando uno scisma, quindi? Per alcuni sarebbe già in atto. Il pontefice potrebbe benissimo essere diventato da una parte ancora il Vicario di Cristo e dall’altra il presidente di un’associazione ecologista, di diritti umani e di mutuo soccorso.
Ma della fede che dire? Nella politica del capo è soltanto uno slogan. Quella di un leader che si preoccupa dei bambini maltrattati poi, ancora si doveva sentire, visto che dal Sinodo sull’Amazzonia è emerso che i buoni e bravi indigeni seppelliscono i bambini vivi nei loro riti religiosi. Uno scempio, a cui la politica di Bergoglio continua a fare credito, e c’è pure chi ci casca.
Gesù Cristo non ha detto agli apostoli – alla chiesa – di creare un mondo migliore, ma di battezzare nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo. Per questo, «beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male».
Infine, caro Biagio, la «Via, la Verità e la Vita» non sono le altre religioni, ma Cristo. E se l’inquilino di Casa Santa Marta continua a dire bidonate perché nell’età avanzata forse pensa che tutto il mondo sia diventato peronista, almeno non pubblichiamole sui giornali.