“Quota 103” (così come le due Quote precedenti, 100 e 102) è un classico al quale siamo oramai abituati: come pensare a una legge dimenticando i diritti degli italiani all’estero. Un pensionamento anticipato che teoricamente riguarda tutti i pensionandi italiani, ma in realtà è inapplicabile a una gran parte degli italiani all’estero. Vediamo perché.
“Quota 103” è la nuova forma di pensione anticipata flessibile introdotta dalla Legge di Bilancio per il 2023 che si matura con almeno 62 anni di età e almeno 41 anni di contributi che possono essere perfezionati, grazie alle convenzioni internazionali di sicurezza sociale stipulate dall’Italia, anche tramite il meccanismo della totalizzazione dei contributi versati in Italia e all’estero. Quindi si tratta di un pensionamento anticipato fruibile anche dai nostri connazionali che vivono all’estero i quali hanno versato contributi in Italia, hanno compiuto 62 anni e che sommando i contributi versati in Italia a quelli versati all’estero raggiungono l’anzianità contributiva di 41 anni.
Chi matura i nuovi requisiti previsti entro il 31 dicembre 2022 potrà ricevere la pensione a partire dal 1° aprile 2023 (1° agosto per i dipendenti pubblici). Chi, invece, li perfeziona dal 1° gennaio otterrà la prestazione trascorsi tre mesi dalla data di maturazione (sei mesi per gli statali).
Ma qual è il problema che ostacolerà l’accesso a “Quota 103” per i nostri connazionali all’estero? Il trattamento pensionistico in questione, fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.
Quindi per aver diritto al trattamento anticipato è praticamente necessaria la formale cessazione del lavoro, ma visto che all’estero l’età pensionabile del Paese di residenza potrebbe essere posticipata rispetto a quella italiana (62 anni in questo caso) e gli interessati sarebbero quindi costretti a continuare a lavorare all’estero, la nuova pensione anticipata italiana non verrebbe concessa anche se fossero perfezionati i requisiti contributivi ed anagrafici.
Un bel pasticcio. Sarebbe stato quindi opportuno che il legislatore avesse previsto una deroga per i residenti all’estero consentendo la possibilità di cumulare il pro-rata italiano con il reddito da lavoro percepito all’estero. Ma abbiamo oramai imparato che questa sensibilità non è appannaggio dei nostri Governi.
*deputato Pd eletto in Sudamerica