"Questa non è una festa", a scatenare le acide risposte dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali e dei cittadini italiani di tutte le età, appartenenti a due grandi categorie. Quelli che il lavoro ce l’hanno ancora e quelli che l’hanno perso. "Festa triste per lei, che guadagna quattro milioni al mese, non per noi. Senza lavoro o pensionati martellati dalle tasse, con le tasche svuotate dalla crisi". La voce no, quella i lavoratori l’hanno tirata fuori. Si sono fatti sentire, urlando le loro ragioni, l’evidente disagio, la debole fiducia di un domani migliore. E l’atto di fede, cocciuto e ancora cocciuto. L’Italia può cambiare, ma non si capisce come e neppure quando. Incrociamo le dita. Preghiamo, che forse è molto meglio. Sul palco, otto band e Vinicio Caparezza, Maria Marajas, Almamegretta, Eugenio Finardi, The Giant, Alessandro Mannarino, Marina Rei. E tanti altri, ma proprio tanti. Otto ore di musica, il Concertone per la festa dei lavoratori celebrativo della storia del rock: 251.000 dell’ambaradan. Una spesa che ha seminato malumori, litigi, polemiche. Il sindaco Alemanno è rimasto un tantino basito davanti alla somma necessaria per l’allestimento del Concertone. Poi, volente o nolente, ha riacquisito il suo colorito naturale. "La musica del desiderio" è il titolo attribuito all’evento. Sottotitolo, "La speranza, la Passione, il Teatro". Un progetto di Marco Pagani. Hanno condotto lo spettacolo lungo otto ore, pieno di brani dei Beatles e dei Rolling Stones, di Elvis Presley e dei Pink Floyd, l’ultima scoperta della televisione Virginia Raffaele e l’attore e imitatore Francesco Pannofino. Romani tutti e due.
Le confederazioni sindacali hanno presenziato e animato con le loro facce migliori e con le voci non sempre intonate. Il momento è balordo, l’Italia è attraversata da disperazione e miseria: le parole della politica non penetrano, scivolano addosso alla gente irritata, furibonda. "Questa è festa per chi è morto, per chi si sta suicidando e per chi è pieno di debiti". Susanna Canusso, segretaria della Cgil, ha promesso che combatterà fino e in fondo. Al Governo non la darà vinta, pronta ad opporsi a qualsiasi legge o decreto che possano andare in tasca ai lavoratori. A vessarli più di quanto non lo siano oggi, con il loro partito dei senza lavoro, della busta paga priva ormai di qualsiasi potere d’acquisto, dei flagellati dalla crisi, dei pensionati e di quanti non riescono ad arrivare a fine mese. Bonanni della Cisl e Angeletti a fare coro. Il malcontento italiano è generalizzato, di fronte al rigore mal distribuito e ai tagli, anch’essi distribuiti a pioggia. Buona musica, ma il resto? Poca voglia di fare festa. "Perchè questa e la festa di non c’è, i lavoratori presenti sono in numero scarso, debole", ha osservato un giovane precario ormai da quattordici anni. "Vogliamo dircela tutta? Questa è la festa degli assenti, non del lavoro". Oltre mezzo milioni di persone, corpi e idee, disperazione e speranza; centinaia di militari e poliziotti deputati al controllo del territorio. Compresi gli scali ferroviari.
L’altra faccia del Concertone. Dietro la musica abbiamo ascoltato spiacevoli note. Carabinieri e Polizia hanno proceduto all’arresto di 52 pusher provenienti da tutta Italia e anche dall’estero, molti sorpresi in flagranza di reato. Sequestrate dosi di hashish, marijuana, cocaina, eronia, exstasy. Lo sballo di gruppo: succede anche negli stadi di calcio, dove spesso le curve fanno tifo e tanto altro sotto l’effetto degli stupefacenti. Un malvezzo italiano in grado di generare business. Il nucleo operativo dei Carabinieri ha proceduto a 60 arresti; 23 quelli effettuati dalla Polizia. In azione ladri, rapinatori, borseggiatori: le forze dell’ordine li hanno fermati, identificati, procedendo in molti casi all’arresto. Ma il fatto che addolora ancora di più è reperibile nel dato comunicato dai Carabinieri. Sorpresi a consumare sostanze stupefacenti, 53 ragazzi sono stati segnalati come "assuntori abituali di droghe" alle Prefetture di provenienza. L’ultimo triste aspetto della festa non allegra. Messa così, quest’Italia non è da salti di gioia. L’allegria non ha abitato qui, alla festa del 1 maggio. Più disoccupati che lavoratori, non è stato un bel sentire. E neppure un bel vedere.
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