Nel rapporto annuale di Amnesty International si legge che diminuisce il numero dei Paesi che ricorrono alla pena di morte (oltre un terzo rispetto a un decennio fa), ma aumentano le esecuzioni soprattutto in Medio Oriente. E la maglia nera va all’Iran con il record di 360 esecuzioni. La meta’ del bilancio mondiale.
I dati del rapporto parlano chiaro: nel 2011 solo il 10% dei Paesi dove e’ ancora in vigore la pena capitale, 20 su 198, hanno eseguito condanne a morte, mentre il numero delle esecuzioni e’ aumentato per attestarsi a 676.
‘L’aumento e’ dovuto in gran parte a un significativo incremento delle esecuzioni in Iran, Iraq e in Arabia Saudita’, si legge nel rapporto. L’Iran da solo rappresenta oltre la meta’ del bilancio mondiale: almeno 360 persone sono state giustiziate nella repubblica islamica (108 in piu’ rispetto al 2010), tre quarti per crimini legati alla droga. L’Arabia Saudita ha eseguito almeno 82 condanne, l’Iraq 68 e 41 lo Yemen. L’aumento in Iran e Arabia Saudita giustifica, da solo, la differenza di 149 esecuzioni a livello mondiale rispetto ai dati del 2010. Questi dati, tuttavia, non includono le migliaia di esecuzioni che Amnesty International ritiene abbiano avuto luogo in Cina, dove queste informazioni non sono rese pubbliche.
Per quanto riguarda l’Iran, Amnesty ha ricevuto informazioni affidabili secondo le quali vi e’ stato un gran numero di esecuzioni non confermate o persino segrete, che raddoppierebbe il dato di quelle ufficialmente riconosciute. Almeno tre persone giustiziate in Iran avevano meno di 18 anni quando hanno commesso i fatti per i quali sono stati condannati a morte.
Sempre nella Repubblica islamica, i giustiziati erano stati riconosciuti colpevoli di adulterio, sodomia, apostasia. Altri sono stati accusati di blasfemia in Pakistan, di stregoneria in Arabia Saudita, di traffico di resti umani nella Repubblica Democratica del Congo. I metodi di esecuzione hanno compreso la decapitazione, l’impiccagione, l’iniezione letale e la fucilazione. Nel 2011 sono state messe a morte almeno 676 persone mentre erano almeno 18.750, alla fine dell’anno, i prigionieri in attesa dell’esecuzione.
Il rapporto sottolinea che migliaia di persone sono state messe a morte in Cina, piu’ che nel resto del mondo, ma i dati sono un segreto di stato. Amnesty International ha cessato di fornire dati basati su fonti pubbliche cinesi, poiche’ e’ probabile che sottostimino enormemente il numero effettivo delle esecuzioni. L’Ong ha invitato Pechino a rendere pubblici i dati sulle condanne a morte ed esecuzioni.
Con 43 esecuzioni (tre in meno rispetto al 2010), gli Stati Uniti sono stati l’unico Paese del G8 (che comprende anche il Giappone, Canada, Germania, Francia, Italia, Regno Unito e Russia) ad applicare la pena capitale. ‘La vasta maggioranza dei Paesi ha deciso di non usare piu’ la pena di morte.
Il nostro messaggio ai leader di quella isolata minoranza di Paesi che continua a ricorrervi e’ chiaro: non siete al passo col resto del mondo su questo argomento ed e’ tempo che prendiate iniziative per porre fine alla piu’ crudele, disumana e degradante delle punizioni’, ha detto Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty International.
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