Popolo della Libertà sempre più in calo nei sondaggi e sempre più spaccato al suo interno. Il partito di Silvio Berlusconi non riesce a “sfondare” nel cuore dell’elettorato: elettori che ne hanno fin sopra i capelli di un partito che ha fatto da sempre propria la bandiera “anti-tasse” e oggi sostiene un governo che da quando è nato altro non ha fatto che imporre gabelle agli italiani.
La dirigenza del PdL non sembra rendersi più conto di quanto il partito sia ormai lontano dalla propria base. Eppure, basterebbe farsi un giro nei bar, nei ristoranti, nelle piazze, o nei social network più diffusi, per capire che chi guarda al centrodestra italiano si sente sempre più tradito dal Popolo della Libertà.
Come se non bastasse, adesso anche i vertici sono distanti fra loro: Berlusconi e Angelino Alfano hanno infatti due visioni diverse. Scrive il quotidiano Libero: “Il segretario punta tutto sul ricambio generazionale e sulle primarie; per rigenerare il Pdl vuole cercare di allargare l’alleanza ai moderati. Il Cavaliere, al contrario, ha in mente una vera e propria rivoluzione: stufo della sua creatura nella veste originaria, vuole aprirsi alla società civile e gettare nella mischia facce nuove, volti che non siano quelli dei politici. Berlusconi ha in mente le liste civiche, che di giorno in giorno, almeno nel mondo delle idee, continuano a fiorire: da quella rivoltosa di Vittorio Sgarbi a quella animalista di Michela Vittoria Brambilla, da quella radicale di Daniela Santanchè a quella di Guido Bertolaso fino ad arrivare a quella sportiva (candidare un calciatore? E’ possibile)”. Ci mancava solo questa: candidare un calciatore. Alla faccia dei “formattatori” del PdL, che chiedono meritocrazia e trasparenza. Bah.
Così le correnti all’interno del partito aumentano. E torna l’ipotesi di un Cavaliere candidato premier: già, Silvio sarebbe già stufo di fare il “padre nobile” del PdL, vorrebbe tornare in campo e provare a riconquistare Palazzo Chigi. Ma la maggior parte degli azzurri è contraria: basta con l’uomo del “bunga bunga”, dovrebbe uscire definitivamente dallo scenario politico. Eppure il Cav è convinto di avere dalla sua parte ancora tantissimi italiani – e probabilmente è così – e dunque ci sta facendo un pensierino. Anche se pubblicamente ha negato più volte: non mi candiderò. Staremo a vedere.
Intanto il PdL si spacca anche sulle primarie: c’è chi non le vede di buon occhio, perché potrebbero dividere il partito ancora di più. E mettere in difficoltà i candidati ufficiali.
Primarie di cui si è discusso a lungo negli ultimi giorni, anche per quanto riguarda la possibilità di vedere candidato Vittorio Feltri, direttore editoriale del Giornale. Che proprio oggi in un suo editoriale bacchetta il partito (e non è certo la prima volta): “I dirigenti del Popolo della libertà anzichè tenere il piede in due scarpe (europeismo e antieuropeismo), dovrebbero scegliere una linea politica antitetica a quella degli avversari, prendendo atto che la stragrande maggioranza degli italiani non ne può più dell’euro e dei suoi stolti padrini”. Secondo il direttore ci troviamo di fronte a un PdL che non è “nè carne nè pesce, incerto e litigioso al suo interno, non in grado di guadagnare punti”. La critica è spietata.
E se in Italia la situazione è questa, all’estero – per quanto riguarda la politica legata all’universo degli italiani nel mondo – non va meglio: il PdL nel Mondo è fermo da almeno un paio d’anni, da quando cioè l’incarico di dirigere il dipartimento Italiani nel mondo di Via Umiltà è stato affidato al senatore italo-argentino, Juan Esteban Caselli. “Cacho”, come lo chiamano in Argentina, al dipartimento di via dell’Umiltà si è presentato una volta sola, ormai tanto tempo fa, per poi sparire nel nulla. Dai vari Paesi arriva un’unica voce: Roma non ci ascolta – spiegano gli italiani all’estero vicini al PdL – non ci coinvolge, non propone alcuna iniziativa sul territorio. Canada, Usa, Centro America e Sud America, Australia: non si muove una mosca. E in Europa non va meglio, con la base azzurra sempre più delusa dai propri rappresentanti in Parlamento: “quelli pensano solo ai fatti loro”, ci dice un pidiellino da Bruxelles.
E allora? Il tempo passa e sarà poco probabile riuscire a recuperare in qualche mese la distanza con il proprio elettorato. E mentre la base azzurra chiede più attenzione, qualche parlamentare comincia già a guardarsi intorno per capire come poter “riciclarsi” in qualche modo. Perché l’importante non è vincere, ma poter conservare il proprio seggio in Parlamento: non è così?
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