Daniela Santanchè, pasionaria PdL, ha ribadito che sarà Silvio Berlusconi il candidato premier del PdL – o del nuovo partito che ne verrà fuori – nel 2013. Il Cav, da parte sua, ha dichiarato pubblicamente di non avere ancora deciso. Staremo a vedere. Su una cosa però la Santanchè ha ragione: nel Popolo della Libertà sono in molti, in troppi, a parlare. E c’è il rischio di creare solo confusione.
Il dibattito interno al partito fondato dall’uomo di Arcore infatti continua alla grande. Silvio in prima linea? “Nel 2013 Berlusconi scenderà in campo per vincere con un programma semplice e credibile fondato su pochi e chiari comandamenti: la diminuzione delle tasse sia nella loro entità, abbassando le aliquote che oggi possono raggiungere e in alcuni casi superare il 55 per cento, sia nel loro numero, eliminando da subito l’Imu sulla prima casa, che come si e’ visto e’ servita per alimentare il fondo europeo salva stati e non per abbattere il nostro debito o favorire la crescita". Sono parole del pidiellino Francesco Giro, ex sottosegretario del governo Berlusconi. Meno tasse, dunque: una promessa che Berlusconi porta avanti fin dalla sua discesa in campo, nel ’94. Meno tasse per tutti, prometteva: ma non è stato di parola. L’Imu? Sì, siamo d’accordo, va cancellata. La tassa sulla prima casa è un abuso. La prima casa è un diritto, non un lusso. Ma la situazione politica italiana è assai complicata: con la crisi che vive il nostro Paese, altro che cancellare l’Imu, bisognerebbe piuttosto trovare il modo di dare lavoro agli italiani, di mettere ai cittadini più soldi in tasca, e – Imu a parte – di abbassare finalmente questa pesantissima pressione fiscale che attanaglia imprese e famiglie. E poi la burocrazia: un mare di carte, di bolli, di cartelle, che fa passare agli imprenditori – italiani e non – la voglia di investire nello Stivale. E Giro lo sa. Per questo, spiega, “il secondo comandamento resta ed e’ la semplificazione della burocrazia ancora troppo asfissiante…”. Fra i “comandamenti” che propone Giro, non poteva non esserci il tema che riguarda la giustizia: “riforma della giustizia civile, penale e amministrativa per garantire i diritti della persona umana e anche per non far fuggire dall’Italia gli investitori internazionali che hanno paura dei giudici azzeccagarbugli”.
Ma, promesse a parte, qui c’è da riorganizzare un partito. Un partito che ai propri vertici ha dei personaggi abusati che ormai non piacciono più. Non convincono. Hanno facce da perdenti e zero carisma. Senza contare la monotonia dei discorsi sempre uguali logorati dal tempo.
Nel PdL si continua poi a bisticciare fra ex forzisti ed ex An. Forza Italia? E noi rifacciamo Alleanza Nazionale, rispondono i fascisti. E i berlusconiani doc replicano: voi senza Silvio non sareste andati da nessuna parte. E’ il caso di Michela Biancofiore: "Se non ci fosse stato Berlusconi gli ex An non avrebbero mai occupato le poltrone da ministri, capigruppo, sottosegretari". E visto che c’è chi si diverte a gettare benzina sul fuoco, l’incendio continua a divampare.
C’è pure chi pensa all’ipotesi ticket per quanto riguarda la candidatura di Silvio. Chi dice che al fianco del Cav debba esserci una donna, altri che spiegano – come Anna Maria Bernini – che il Berlusca è come Sinatra, “canta a modo suo”, e quindi non ha bisogno di nessuno al suo fianco. E ancora c’è chi azzarda persino un ritorno dell’ex premier con la propria donna, Veronica Lario. Quella che, in una lettera aperta pubblicata sui giornali, ha definito suo marito “malato”. Malato perché gli piacevano le belle donne.
No, il PdL così non funziona proprio. Non è una questione di nome, magari fosse così semplice. Nel partito sono finite le idee, sono finite le promesse: è già stato detto tutto, manca la fantasia, manca la spinta, la voglia di cambiare le cose. Tant’è vero che dopo aver promesso primarie, rinnovamento, dopo aver “venduto” alla base per mesi e mesi Alfano premier, si è tornati al punto di partenza: Silvio Berlusconi. E’ questo che gli italiani di centrodestra vogliono da un partito di moderati? Un ritorno al bunga bunga? Fosse così, la vera colpa della crisi italiana sarebbe degli elettori, e non di chi ci governa.
Silvio ha più volte detto, davanti alle telecamere e in varie interviste pubblicate sulla stampa, che la sua più grande ambizione era lasciare all’Italia un partito nel quale si riconoscessero tutti coloro che non credono alla sinistra: un partito che sopravvivesse a lui, che avesse la forza dell’amore per la libertà come preziosa musa ispiratrice senza tempo. Ma il Cav ha fallito il suo progetto: il PdL senza di lui è morto.
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