Aveva ragione Mario Monti nel pronosticare che l’affondo Di Silvio Berlusconi non avrebbe messo in crisi il governo. Lo prova l’ampia maggioranza che ha dato il definitivo via libera alla camera al disegno di legge anti-corruzione, nonostante all’ex premier stesse ampiamente sulle scatole: 480 voti che fanno diventare legge una riforma incompleta e perfettibile ma che segna un punto a favore della lotta ai mali della politica. Persino la lega nord ha votato a favore, lasciando solo l’Idv a rappresentare il no di chi giudica la riforma un provvedimento privo di contenuti reali.
Il nervosismo che si taglia a fette nel Pdl, alle prese con gli enigmi di Berlusconi, e’ restato confinato nei corridoi di Montecitorio, ma non ha avuto conseguenze sulle decisioni dell’aula. Lo stesso dicasi per Palazzo Madama, dove il governo ha portato a casa il si’ definitivo al decreto sulla sanita’ voluto dal ministro Balduzzi.
Forte della debolezza dei partiti e del sostegno del Quirinale che ha fissato l’orizzonte temporale di Monti fino alla fine della legislatura, il governo sta dunque andando avanti sulla sua strada: ed e’ significativo che oggi il consiglio dei ministri sia riuscito ad approvare il taglio delle province, che ridisegna la mappa degli enti locali italiani con una serie di accorpamenti destinati a far risparmiare allo Stato un bel gruzzolo, un tema che ha sempre scatenato i malumori dei partiti di destra e di sinistra e che per questo era rimasto per mesi nell’empireo dei provvedimenti ancora ‘in mente dei’.
Cio’ non significa che Monti non debba guardarsi dalle insidie che si annidano nelle aule parlamentari. La legge di stabilita’ non raccoglie il consenso dei partiti, compresi quelli piu’ schierati a favore del Professore. Anche Bersani (oggi salito al colle per un colloquio con Napolitano) vede in alcune delle misure in discussione alla Camera un attacco al welfare che il pd e’ determinato a correggere. Nel pdl le riserve sono ancora piu’ marcate. E oggi il governo oggi ha dovuto acconsentire a cassare dalla legge la retroattivita’ dei tagli alle detrazioni fiscali, precedendo in parallelo a una retromarcia sull’abbassamento delle aliquote Irpef per evitare il ritocco dell’Iva.
Fuori dal palazzo, nel frattempo, i partiti si preparano ognuno a suo modo per l’imminente campagna elettorale. Nel campo del centrosinistra, l’assoluzione di Vendola nel processo per abuso d’ufficio nel quale era imputato, riconsegna alla coalizione un leader a tempo pieno che non dovra’ dare seguito alla promessa di ritirarsi dalla politica in caso di condanna.
Per Bersani, la concorrenza di Vendola non dovrebbe avere conseguenze di rilievo: forse qualche voto in meno tra gli elettori di sinistra. Qualche problema potrebbe nascere semmai dal rafforzamento dell’asse con Vendola che l’assoluzione del governatore della Puglia si porta appresso: per i moderati del pd un’alleanza troppo stretta con Sel potrebbe pregiudicare il progetto di allearsi con i centristi e di proseguire sulla strada indicata da Monti.
Se la ride Grillo, sull’onda del successo in Sicilia della sua elezione. Tra le sue vittime, c’e’ oggi anche l’Idv di Antonio Di Pietro, snobbato dagli elettori che vogliono protestare contro il sistema dei partiti e alle prese con un leader sul quale piovono i sospetti sulla corretta gestione dei fondi. Il partito dell’ex pm di Mani Pulite, per la prima volta nella sua storia, si confronta con una fronda interna che mette in discussione il suo leader e chiede la celebrazione di un congresso che Di Pietro ha dovuto concedere in cambio della riconferma della fiducia degli organi dirigenti.
Discussione su questo articolo