Fiorito show ieri a "in Onda" su La7: un Telese furente e un Porro più acceso del solito sono stati protagonisti, insieme all’avvocato Taormina e alla stesso Fiorito, di un match vero e proprio, in cui il Tyson della situazione, ovvero il capogruppo peso massimo indagato per peculato, ha attaccato con veemenza i giornalisti mettendoli spesso ko. E’ questa comunque la nostra impressione, rispetto alla sfilza di provocazioni imbastite dai due conduttori per mettere in difficoltà l’astuto personaggio che da qualche giorno fa il giro delle reti televisive a cercare di giustificare la gestione a dir poco disinvolta dei soldi pubblici, cioè nostri.
E infatti la storia e’ ingarbugliata, appare come una faida interna a un gruppo politico, che pero’ ha messo in luce un sistema marcio condiviso da tutti e malefatte comuni a troppi: ne esce un quadro talmente generalizzato e infamante che nemmeno il più cinico dei cittadini avrebbe potuto immaginare.
Dei dettagli sono piene le pagine dei giornali, se ne avete voglia potete leggerli sulle più diffuse testate nazionali. Qui, l’interrogativo che ci poniamo, e’ il seguente: posto che nessuno si illude che i politici si diano tanto da fare per essere eletti con lo scopo di provvedere al bene pubblico e non al loro privato; che pensino allo Stato e non a se stessi; come si e’ potuti arrivare a giustificare in nome della democrazia una tale mole e un tale sperpero di denaro?
Viene il dubbio che il numero dei beneficiati della politica sia ormai talmente elevato che i venti milioni regalati dalla Regione Lazio ai propri consiglieri siano soltanto la punta dell’iceberg: chissà quale tesoro viene allegramente amministrato dai mille Fiorito che si nascondono tra i mille rivoli della finzione democratica. I bisogni dei partiti si sono dilatati oltre misura, il legame con gli elettori è diventato estremamente dispendioso perchè basato sul clientelismo e sulla organizzazione di feste goderecce e di riunioni mangerecce. Non e’ chiaro perche’ per essere eletti si spendano tanti milioni (e qui dobbiamo interrogarci sulla qualita’ degli elettori); e’ chiaro pero’ che il finanziamento pubblico, ribattezzato rimborso elettorale, serve al politico per rimettersi in tasca non solo quello che ha sborsato per convincere i beluini, ma quanto, al netto delle spese, gli possa garantire bella vita e privilegi consolidati.
Chi e’ stato, quando, come e perche’, a legiferare per stabilire questi stipendi da nababbi? Emolumenti da 15mila euro al mese per fare cosa? Quale lavoro eccelso e quali straordinari meriti hanno costoro per giustificare tali somme? Per avere a disposizione tanti milioni da distribuire ai sodali parassiti, alla faccia dei lavoratori tartassati che sono chiamati a sacrifici e a rinunce?
Se ci hanno fregato sul referendum che aveva sancito l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, inventandosi una formula magica per gabbare lo santo dopo la festa, siamo pronti a rifarne un altro, e a riprenderci il potere democratico: e se questa volta ci lasceremo imbrogliare, sara’ per colpa nostra. I forconi non servono, se siamo uniti e decisi.
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