L’endorsement dell’ambasciatore Usa David Thorne nei confronti del governo Monti tradisce tutte le preoccupazioni della comunita’ internazionale per la campagna elettorale che sembra essersi gia’ aperta nel nostro Paese. Barack Obama, fa sapere Thorne, fa affidamento sul premier italiano (che incontrera’ probabilmente la settimana prossima a margine dell’assemblea generale dell’Onu), confida nelle sue capacita’ di analisi e coltiva con lui ‘frequenti contatti’. Il presidente americano, ed e’ questa la chiave della dichiarazione, ha fiducia che il cammino delle riforme (cioe’ la cosidetta ‘agenda Monti’) prosegua anche dopo il voto della primavera prossima. Voto che evidentemente e’ ritenuto dalle cancellerie occidentali un’incognita: non solo per il possibile successo dei grillini e dei dipietristi (che sono forze dichiaratamente ostili alla politica dei professori), ma soprattutto per lo sfarinamento gia’ in atto all’interno della ‘strana maggioranza’. Destra e sinistra sono gia’ oggi in preda ad una speculare confusione e cio’ non fa ben sperare per il futuro del programma di risanamento fortemente voluto dall’asse Napolitano-Monti con il sostegno dell’ Unione europea.
Lo scenario in effetti e’ allarmante. Il Pdl e’ ormai un partito in piena crisi di identita’: Silvio Berlusconi deve spendere il suo carisma non per allargarne i confini, come accadeva qualche anno fa, ma per convincere i suoi colonnelli a non disertare. Si e’ impegnato personalmente per bloccare le dimissioni di Renata Polverini ed e’ consapevole che nel Lazio la situazione del partito e’ sulla via del non ritorno. La governatrice vorrebbe gettare la spugna di fronte ad un establishment che non ha capito (sue parole) la portata della questione morale che il moderatismo italiano ha di fronte. Il protrarsi delle battaglie intestine tra i ras locali dimostra che la situazione e’ fuori controllo. Ma il Cavaliere deve fare i conti anche con Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri, ex An tentati dalla scissione per tornare a fondare una nuova destra. Una mossa incomprensibile, denuncia Osvaldo Napoli; che potrebbe celare, secondo altri, una piu’ banale questione di potere. Vale a dire il controllo delle tessere e la successione al Cavaliere: non e’ un mistero che i due non intendano accettare un’eventuale designazione di Angelino Alfano alla premiership nel caso Berlusconi dovesse rinunciare a correre (il che e’ meno improbabile di quanto si possa credere). La componente ex An che si riconosce nel terzo triumviro dell’ex partito di Fini, Altero Matteoli, resta invece fedele alla scelta del Pdl anche perche’, dice, dividersi adesso avrebbe un effetto devastante nei confronti di un elettorato tentato dall’ astensionismo. Significherebbe ripercorrere le orme di Gianfranco Fini che continua a tuonare contro chi vende i ‘libri dei sogni’ (implicito riferimento alla propaganda berlusconiana).
Ma il paradosso e’ che nemmeno il Pd e’ in grado di approfittare delle difficolta’ del Pdl. Lo scontro sulle primarie ne e’ la dimostrazione. Gli ex popolari capitanati da Beppe Fioroni hanno chiesto infatti che tutti i candidati abbiano un programma integrabile con quello del Pd perche’ ‘non si puo’ inglobare tutto’. Il pericolo a loro avviso e’ quello di trasmettere agli elettori l’immagine di una grande torre di Babele dove c’e’ Matteo Renzi che guarda al modello americano e Nichi Vendola che si dice indisponibile, ora e sempre, a qualsiasi alleanza con i centristi di Casini e che giudica Monti ‘il piu’ sfuggente dei politici’.
Pier Luigi Bersani e’ convinto che la mediazione sia possibile. Dice che Vendola e’ una risorsa e che deve competere alle primarie. A governare le distanze ci pensera’ una ‘carta degli intenti’: in caso di dissenso su certi temi, vigera’ la cessione di sovranita’ e i gruppi decideranno a maggioranza. Per la verita’ era una regola alla quale si era ispirato anche Romano Prodi senza molto successo (di fatto non fu mai attuata).
Ma il vero problema che deve risolvere Bersani e’ il giudizio cosi’ duro di Sel e della sinistra sull’esperienza Monti: al momento pare davvero inconciliabile con quello dell’Udc che invece del governo tecnico e’ la sentinella. Percio’ le preoccupazioni degli altri Paesi europei e degli Usa appaiono piu’ che fondate.
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