"Non credo sia onesto, nemmeno nei confronti di Renzi, nascondere problemi che sono evidenti anche all’ultimo degli iscritti al Pd". Così il deputato dem Matteo Richetti, renziano della prima ora, in una intervista alla Stampa: "Mentre sull’azione di governo c’è la percezione che, dopo anni, finalmente qualcosa si stia muovendo nel verso giusto, nel partito il momento di suo massimo consenso coincide con il momento di massimo smarrimento. Il Pd non è più di nessuno: non di chi ha sostenuto Renzi, che vede candidati e dirigenti in totale continuità col passato, con la ‘ditta’ tanto criticata, e non di chi ha contrastato Renzi e ritiene che la sua gestione del partito non abbia niente a che fare con la sinistra. L’identità del Pd è fortemente minata".
E sostiene che "le candidature messe in campo dal Pd sotto la nostra gestione – dalla Calabria alla Puglia alla Toscana – non hanno risentito dell’innovazione che ci si aspettava: si sarebbe dovuto valorizzare qualche bravo sindaco in più e qualche dirigente in meno".
Secondo Richetti "sta riuscendo la rottamazione delle prassi sbagliate, come la ‘supplentite’ nella scuola, mentre sulla classe dirigente abbiamo l’onere di offrirne una al Paese che ancora non si vede prendere forma". E su Renzi aggiunge: "Se c’è una responsabilità sua è che il governo del partito dev’essere più condiviso. Guerini e la Serracchiani (i vicesegretari, ndr.) stanno facendo un lavoro straordinario, ma la forza di Renzi spesso si traduce nell’attesa che l’oracolo si esprima. E’ ora di dirigenti nuovi che governino i processi, di una segreteria che sia un costante riferimento per i territori e intervenga sulle questioni con criteri chiari e senza ambiguità".
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