La sconfitta alle comunali agita il Pd. E, come sempre nei momenti di difficolta’, le varie correnti si riorganizzano. In vista della direzione di venerdi’, infatti, non si riunira’ solo la minoranza ma anche i giovani turchi e riunioni di altre aree si improvvisano in Transatlantico. Ma a chi dentro la maggioranza vorrebbe imbrigliarlo con l’obiettivo di slegare l’esito del referendum con il futuro del governo e a chi, nella minoranza, punta a ridimensionarlo, Matteo Renzi manda un avviso ai naviganti: "Il Pd ed il governo devono capire come e dove fare meglio, ma discutiamo di cosa fare e non di poltrone in segreteria e di spartizioni interne".
In questi giorni il premier e leader Pd sta ascoltando parecchi consigli per rilanciare il partito e anche per rimettere il governo piu’ in sintonia con il paese, se e’ vero, come sostiene oggi Romano Prodi in un’intervista condivisa da molti dem, che "se non cambiano le politiche, nel senso di risposte alle disuguaglianze, il politico cambiato si logora anche in due anni". Renzi non ha ancora deciso come muoversi: al governo e’ convinto che bisogna continuare con le riforme mentre al Pd non esclude un rafforzamento della squadra. La segreteria politica con personalita’ "robuste" resta un’ipotesi di lavoro ma certo per il leader dem non sara’ il centro della direzione di dopodomani.
Oggi Vasco Errani e’ stato visto a Roma ma fonti di governo negano sia stato a Palazzo Chigi e, a quanto si apprende, Nicola Zingaretti non sarebbe intenzionato a togliere l’attenzione dalla Regione Lazio per dedicarsi al partito. Non e’ pero’ solo la difficolta’ ad individuare energie a mettere in forse l’annuncio di un riassetto gia’ in direzione.
"Non credo – sostiene il leader dem – ai caminetti: apriamo finestre, spalanchiamole, altro che caminetti. Parliamo, certo: ma con gli italiani e degli italiani, non dei nostri equilibri congressuali". Il Renzi della prima ora, contro le correnti e le poltrone, comincia a far preoccupare anche chi da due anni e’ in maggioranza e ora vorrebbe piu’ collegialita’. I giovani turchi, messi all’indice per le sconfitte a Roma e a Napoli, chiedono una correzione di rotta: una segreteria nazionale "forte e autorevole" e un ruolo piu’ defilato del premier al referendum. Spersonalizzare l’appuntamento di ottobre, esigenza che in molti fanno presente al presidente del Consiglio, vorrebbe dire tirare fuori dalla mischia il destino del governo.
Oggi il premier ha usato parole piu’ caute per invitare alla mobilitazione per il si’: "Facciamo del referendum costituzionale un grande momento di confronto democratico sul merito di una riforma che e’ semplicemente fondamentale per il futuro dell’Italia". Nessun accenno al fatto che, se vince il no, lascera’ la politica. Ma, dice chi lo conosce bene, "da qui a dire che fino ad ottobre Renzi non ci mettera’ la faccia e non prendera’ la sfida come un test sul governo ce ne passa". Ai fedelissimi l’indicazione del segretario Pd e’ di continuare a raccogliere le firme, operazione che ha avuto una battuta di arresto per i ballottaggi, smantellando le ragioni del no.
D’altra parte anche uno dei piu’ accesi critici del premier, Massimo D’Alema, annunciando il suo no al referendum cosi’ come voto’ contro la riforma costituzionale di Berlusconi, lo invita "a dire che resta comunque, proprio come dopo la sconfitta alle comunali". Ma la motivazione del consiglio, sostengono i renziani, "non e’ per il bene di Renzi ma nella speranza di far arrivare un leader azzoppato al congresso del Pd per tentare la spallata".
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