“Credo che abbiamo fatto un lavoro positivo. E spero non sia finita qui: mi auguro ancora di riportare sui propri passi anche Rossi e Speranza”. Così Matteo Orfini, presidente del Pd e da domenica, con le dimissioni di Renzi, anche reggente, in una intervista a La Stampa, parla del dietrofront di Michele Emiliano. E aggiunge sulla decisione dei secessionisti: “Siamo in uno stato abbastanza avanzato, ma finché non c’è stato un annuncio ufficiale è mio dovere tentare: considero la non partecipazione al congresso come qualcosa di diverso da un abbandono” e “Renzi ha fatto un gesto rispettoso. Il segretario si è dimesso e ricandidato: non può essere lui a fare la mediazione. Lasciarlo fare alla Direzione e agli organismi del partito è il modo migliore per garantire che nulla venga strumentalizzato: chi ha paura del partito di Renzi non può evocarlo quando lui si dimette”.
“Si pensa di uscire dal Pd per fare un’altra cosa con pezzi di sinistra che oggi sono all’opposizione del governo. Chi attende fuori dal Pd chiederà, come ha già fatto Nicola Fratoianni neo segretario di Si, che il discrimine sia il governo Gentiloni. Mi pare ovvio che una scissione rischierebbe di produrre un sostegno al governo più fragile”.
Avviato l’iter congressuale con la Direzione di ieri, incassata con sollievo la decisione di Emiliano di restare nel Pd, Matteo Orfini guarda avanti e fissa un’agenda di governo per i prossimi mesi: stop alle privatizzazioni, legge per “correggere” i voucher e ius soli, da approvare anche con la fiducia. E poi, l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle banche.
“Abbiamo detto più volte che il nostro obiettivo è fare quello che serve al Paese, poi la data delle elezioni è nelle mani del presidente della Repubblica e del Parlamento. Ma mentre parte il congresso, non possiamo immaginare che il Pd si occupi unicamente di partito lasciando solo il governo”, “il Pd si deve spendere in prima persona su alcune cose che dobbiamo fare. Prima di tutto, dobbiamo fare una discussione seria sull’economia. Purtroppo siamo tutti più vecchi e gli anni ’90 sono finiti: riproporre oggi come soluzione a un debito pubblico di oltre 2000 miliardi le privatizzazioni è sbagliato. Abbiamo piuttosto bisogno di rilanciare la funzione delle grandi imprese pubbliche e di capire come usare meglio in questo senso anche Cassa depositi e prestiti. Su questo dobbiamo discutere prima di procedere”.
Secondo impegno? “È una preoccupazione giusta quella del ministro Poletti di rimettere mano alle norme oggetto dei referendum della Cgil. Cosi come, visto che rivendichiamo di aver restituito un Paese con più diritti, dobbiamo fare un passo avanti in quel campo. Lo ius soli è incomprensibilmente bloccato al Senato” e “dobbiamo mantenere l’impegno a insediare una commissione d’inchiesta sulle banche”. E conclude: “Sono provvedimenti che renderanno ancora più forte il nostro governo”.
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