Continua all’interno del Nazareno il dibattito sulla riforma del Senato e sulla gestione del partito. Racconta La Repubblica: "Indica la luna delle riforme e del ‘grande cambiamento’, Matteo Renzi, e ignora il dito che sollevano oppositori interni, democratici poco inclini a votare il Senato non elettivo, la ‘resistenza’ di chi gli da’ dell’autoritario e che ieri mattina non si e’ presentata all’assemblea Pd riunita a Palazzo Madama. Ottantasei si’ e i paladini del ‘no’ non si presentano. Glissa, il premier, non e’ quella la sfida che abbiamo davanti, e’ il messaggio. E avverte: ‘Io sono pronto a governare il partito anche con chi la pensa diversamente, a patto che sulle emergenze la pensiamo come gli italiani e cioe’ che non c’e’ un momento da perdere’. Inconcepibili ‘certe accuse di autoritarismo’.
Si dice dunque certo che ‘la settimana prossima ci sara’ un voto al Senato in prima lettura: la riforma non la stiamo facendo a colpi di maggioranza, ma sobbarcandoci la fatica di ascoltare chi la pensa diversamente ‘. Come il M5s ‘nonostante gli insulti alle donne pd’. Domani nuova puntata in streaming con i grillini. Berlusconi e i suoi restano interlocutori privilegiati. ‘Fondamentale che Forza Italia stia a questo tavolo’. E’ sera inoltrata, aula dei gruppi di Montecitorio, si chiude con un lungo applauso il discorso lungo 50 minuti che il presidente del Consiglio tiene davanti alla platea di deputati e senatori dem. Tredici interventi seguiranno, dall’oppositore D’Attorre ad altri. Ma la strada sembra spianata. Ancora una volta. Lui vola alto.
Torna a ‘quel 40,8 per cento che non dovrebbe farci dormire la notte, dovrebbe caricarci di una responsabilita’ straordinaria’. Gli italiani ‘ci hanno dato l’opportunita’ di cambiare sul serio e se non cambiamo li tradiamo. Vi invito a fermarvi e ad alzare la testa e guardare fuori da qui’. Anche perche’ ‘ha smesso di piovere sulla crisi economica ma il sole non arriva’, disoccupati e imprenditori al palo attendono risposte. Da qui la campagna d’estate che parte tra agosto e settembre. ‘Voglio visitare dieci realta’ particolari: saro’ intanto a Napoli tra Bagnoli, Secondigliano, Scampia, Pompei. Saro’ tra Reggio e Gioia Tauro. Saro’ nel Sulcis, a Olbia, all’Aquila. Saro’ a Gela. Saro’ a Termini Imerese, saro’ a Taranto e nell’Emilia Romagna che si e’ risollevata’ dopo la tragedia del terremoto. ‘Il presidente del Consiglio si prendera’ dei fischi, ma va fatto’.
E poi l’altro annuncio, quello dei ‘tre progetti di rilancio del sistema Paese per parlare al mondo: Milano, con l’Expo, Venezia e gli Uffizi di Firenze’. La sferzata arriva quasi a fine assemblea. ‘Vi chiedo di fare poche ferie. Non come atto di flagellazione biblica ma perche’ abbiamo fatto troppi decreti e abbiamo un sacco di lavoro parlamentare da portare avanti’. Davanti al premier che stavolta resta in giacca e cravatta si alza il brusio della sala piena come un uovo. Lui se la cava alla Renzi: ‘Noto l’entusiasmo, capisco di non essere stato particolarmente incisivo finora ma che il primo segnale di vita arrivi sulle ferie…’. Ma c’e’ poco da girarci intorno.
Lui sara’ in giro e continuera’ a lavorare a Palazzo Chigi, loro dovranno stare a Montecitorio e Palazzo Madama. ‘Nel 2017 il prossimo congresso del Pd che precedera’ il voto del 2018. Fino ad allora, sfruttiamo la possibilita’ di cambiare l’Italia o stiamo a discutere del comma della legge elettorale? Gli italiani non hanno votato per me, ma per il Pd, confidando nel cambiamento’. Torna sulla proposta dei mille giorni, ‘etichettata come lo sprinter diventato maratoneta: ma no, mille giorni non e’ perdere tempo, e’ la cornice delle riforme per consentirci di andare in Europa a dire che le riforme le facciamo sul serio e non perche’ ce lo chiedono. Siamo stati votati da 11 milioni, siamo il partito piu’ votato in Europa’. Dopo la doccia fredda quasi un mozione degli affetti: ‘Io sono qui per chiedervi una mano. In questi gruppi non vengo a chiedere un tributo alla simpatia personale. Non voglio conquistarla, vi chiedo una leal ta’ non su di me ma sul Paese. Non vi impongo le mie idee, ma dobbiamo fare in fretta’. A cominciare dal lavoro, sul quale chiede una ‘delega ampia, nessun un derby ideologico’".
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