L’Italicum resta così com’è uscito dal Senato. Compresi i capilista bloccati, il premio alla lista e il divieto di apparentamenti tra il primo turno e l’eventuale ballottaggio. Lo ribadisce Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, in una intervista al Sole 24 Ore: "La riforma elettorale è stata già modificata in più punti a Palazzo Madama rispetto al testo approvato in prima lettura dalla Camera, e si tratta di modifiche chieste dalla minoranza del Pd: l’innalzamento della soglia per far scattare il ballottaggio dal 37 al 40% e l’abbassamento di quella di sbarramento al 3%, in parte anche la questione del rapporto eletti/elettori con l’introduzione delle preferenze esclusi i capilista. L’Italicum è un punto di equilibrio e di convergenza sia all’interno della maggioranza sia con l’opposizione e garantisce la governabilità superando la frammentazione. Il rischio è che spostando sempre l’asticella non si arrivi mai ad una conclusione".
"Le motivazioni della rottura del patto da parte di Forza Italia riguardano altre questioni, e non il merito dell’Italicum che nell’ultima versione è stato da loro votato sia in Senato sia in commissione alla Camera. Quindi nel merito è una legge condivisa con una parte dell’opposizione. E in ogni caso la versione attuale dell’Italicum ci soddisfa. Non va dimenticato che il premio alla lista è una grande conquista per il Pd".
Smentisce che alla minoranza del Pd sia stato offerto il 30% dei posti di capilista in cambio del sì all’Italicum: "Smentisco questo ipotetica offerta, che è irrispettosa innanzitutto per gli ipotetici riceventi. Le elezioni non sono affatto all’ordine del giorno. Quando sarà il momento affronteremo insieme la questione delle candidature, e va da sé che un grande partito del 40% deve rappresentare al suo interno tutte le sensibilità".
SCISSIONE? ELETTORI E MILITANTI NON LA VOGLIONO "La scissione non la vogliono i militanti e non la vogliono gli elettori. Se qualcuno ha in mente questo non renderebbe un bel servizio al Paese". "Il gruppo di lavoro presieduto da me e dal presidente Matteo Orfini si sta muovendo su tre piani: valorizzazione dei circoli, rapporto tra iscritti ed elettori, riforma dello strumento delle primarie. I circoli in tutta Italia sono 6.052: alcuni funzionano, altri esistono solo sulla carta e vengono riuniti poco. Dobbiamo tornare a investire nei circoli, facendone dei luoghi aperti anche al nuovo elettorato raggiunto con le elezioni europee, dei luoghi di partecipazione e di selezione di classe dirigente. Poi occorre valorizzare il ruolo degli iscritti, e una delle riflessioni in atto è quella di riservare loro l’elezione delle cariche dirigenziali interne – a partire dai segretari regionali – ferme restando le primarie aperte per l’elezione del segretario del Pd. Quanto alle primarie, stiamo già lavorando all’albo degli elettori sulla base dei partecipanti alle primarie del 2013: i dati certificati sono al momento oltre un milione. Si può partire proprio dall’albo per rendere più codificata la partecipazione alle primarie, in modo da evitare le cosiddette ‘infiltrazioni’ esterne. Sulle modalità, registrazione o altro, decideremo insieme nei prossimi mesi. Sarà poi l’assemblea del Pd a riunirsi per le necessarie modifiche statutarie".
Annunciando una proposta del Pd in merito alla riforma dell’articolo 49 della Costituzione, sottolinea che "i partiti sono enti di fatto non riconosciuti: la questione è quella della personalità giuridica. Gli statuti dei partiti, è il nostro punto di partenza, devono garantire la trasparenza e la democrazia interna. Naturalmente è un tema delicato che va affrontato con grande equilibrio, sapendo che la politica è cambiata molto e la forma partito non è più l’unica forma di partecipazione. L’articolo 49 va armonizzato con l’articolo 18, che garantisce il diritto dei cittadini di associarsi liberamente".
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