L’altola’ di Pierluigi Bersani alla politica economica ‘depressiva’ del governo Monti riflette la svolta compiuta dal segretario del Pd in vista delle primarie. Una svolta in qualche modo collegata, a livello europeo, a quella di Francois Hollande che spinge per una Ue a piu’ velocita’ e chiede una rapida attuazione delle decisioni assunte nel vertice di fine giugno. Il presidente francese minaccia infatti di ‘frenare’ l’asse con Berlino e pone sotto accusa la strategia di Angela Merkel. Nelle parole di Bersani se ne coglie un’eco quando il leader democratico dice che non si possono aspettare le elezioni tedesche per cogliere i frutti della mutualizzazione del debito.
Secondo Bersani il governo tecnico non puo’ bloccare la domanda interna ed anzi deve recuperare margini di trattativa con la commissione europea perche’ finora i Paesi che ne hanno adottato le ricette sono finiti tutti in recessione. Monti replica con il solito refrain delle misure brutali che hanno evitato la catastrofe ed aggiunge che le trattative in sede europea scontano la tradizionale diffidenza nei confronti del nostro Paese che finora non ha brillato per virtuosita’. I benefici di una prevenzione, ripete il Professore, si avvertono solo sul lungo periodo. Tuttavia nei suoi discorsi si fa strada la consapevolezza di aver perso per strada il sostegno senza riserve della ‘strana maggioranza’ che sempre piu’ avverte i limiti dell’esecutivo tecnico nel governo delle complessita’.
La sortita bersaniana indica che si e’ entrati in una fase della legislatura in cui la prospettiva del Monti-bis (lanciata da Casini e Fini) sfuma progressivamente. Non a caso il premier parla con sempre maggiore frequenza dell’esecutivo che sostituira’ quello dei tecnici. La sua prospettiva di garante degli accordi con l’Europa appare sempre piu’ legata, come dice Bruno Tabacci, alla corsa per il Quirinale. S’intende che nel candidarsi alla successione di Monti, Bersani non puo’ rischiare di essere scambiato per il vecchio che ritorna. Cio’ spiega il ‘siluramento’ (per usare le parole di Claudio Velardi) di Massimo D’Alema. All’ex premier, il segretario rende l’onore delle armi (‘e’ contro la rottamazione non contro il rinnovamento, e su questo piano lavoreremo insieme’) ma conferma che le regole per le candidature saranno rispettate. Difficile pensare che la Direzione lo possa smentire con un voto che rimetta in pista la vecchia guardia. ‘Doveva ritirarsi prima’, commenta Pierluigi Castagnetti, un altro che non prendera’ parte alla corsa elettorale.
Tutto sommato la campagna di Matteo Renzi ha fatto il gioco del segretario, contribuendo ad uno svecchiamento che senza i rottamatori probabilmente non sarebbe avvenuto. Il sindaco di Firenze si dice deluso da Bersani il quale a suo avviso non avrebbe mantenuto la parola data sulle regole delle primarie ma sa di poter contare nel partito, comunque finisca il voto. E infatti boccia il ‘riequilibrio’ con Casini che,dice, parla solo di poltrone e di contenitori ma non di contenuti. Nichi Vendola teme di restare schiacciato dalla lotta interna alla nomenclatura e avverte che il problema e’ rottamare il liberismo. Un mosaico che fa comprendere il perche’ Bersani stia prendendo progressivamente le distanze da Monti: ma senza tagliare i ponti con l’ala moderata, in vista del patto con i centristi dopo il voto. Un patto che si sta sperimentando nel laboratorio siciliano.
E’ una lettura che non sfugge ad Angelino Alfano il quale registra l’assenza totale di sintonia con l’Udc. Sebbene nel partito ci sia chi spinge per rivitalizzare un’intesa in chiave Ppe, il segretario del Pdl si rende conto che Casini ha gia’ fatto la sua scelta in favore del Pd e che non tornera’ sui suoi passi. Ecco perche’ si e’ affacciata in Lombardia l’ipotesi delle primarie di coalizione, sostenute per esempio da Cicchitto e Lupi: sarebbe un modo per tenere aperto il canale con la Lega e di rispolverare l’asse del Nord in salsa bavarese. Roberto Formigoni si oppone violentemente all’idea: le primarie infatti costituirebbero un colpo alla sua leadership e non consentirebbero di votare prima di Natale. E poi ridarebbero fiato alla Lega accusata dal Governatore di ribaltonismo. Ma il Celeste appare sempre piu’ isolato anche all’interno della ‘sua’ Comunione e Liberazione.
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