Il passo indietro di Walter Veltroni chiama in causa nel Pd politici di lungo corso, i ‘dinosauri’ come con poca delicatezza li ha battezzati Matteo Renzi, che misero piede per la prima volta in Parlamento sin dall’87, quando, per dire, ancora non era caduto il muro di Berlino. E’ il caso di Massimo D’Alema e di Anna Finocchiaro ma sono circa una trentina i parlamentari democratici che hanno superato il limite di 3 mandati previsto dallo statuto del partito e che ora sono chiamati a decidere se lasciare o chiedere una deroga.
Tra i decani del Parlamento, qualcuno ha gia’ annunciato il ritiro. C’e’ l’ex tesoriere Ds Ugo Sposetti, eletto per la prima volta nell’87 e ora pronto a ‘fare il nonno’ e l’ultimo segretario del Ppi Pier Luigi Castagnetti che, dopo 5 legislature alle spalle, ha deciso di non ricandidarsi e ha invitato i suoi coetanei a passare la mano perche’ ‘la nostra generazione ha fallito’. Arturo Parisi, in parlamento dal 2000, ha scelto la Leopolda, la manifestazione dello scorso anno promossa da Renzi, per annunciare che non si sarebbe ricandidato.
In realta’ si contano sulla punta di una mano i parlamentari ‘senior’, da ultimo Pier Paolo Baretta, che hanno detto con chiarezza che lasceranno lo scranno parlamentare. Giovanna Melandri, 5 legislature alle spalle, ha tenuto a battesimo la scorsa settimana, come presidente, la fondazione ‘Uman’, ma ha aggiunto che non lascia la politica. E cosi’ Livia Turco, una decana con 7 legislature alle spalle, che sarebbe pronta a lasciare ma non e’ intenzionata a dare ragione alla battaglia rottamatrice di Matteo Renzi.
Dopo il gesto di Veltroni, tutti guardano all’altro dioscuro del Pd, gia’ Ds, gia’ Pci: Massimo D’Alema. Il presidente del Copasir vorrebbe non ricandidarsi ma lascera’ l’ultima parola al partito. E si rimettono a regole e decisioni del Pd anche il presidente dei senatori Anna Finocchiaro e la presidente del Pd Rosy Bindi, dal ’94 in Parlamento ma determinata a non farsi rottamare da Matteo Renzi.
L’art.21 dello statuto del Pd fissa a tre mandati il limite parlamentare salvo deroghe concesse ‘dalla direzione nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti’. La deroga, si sostiene nello statuto, ‘puó essere concessa soltanto sulla base di una relazione che evidenzi in maniera analitica il contributo fondamentale che, in virtú dall’esperienza politico-istituzionale’, il parlamentare potrebbe ancora dare. Meno chiaro e’ invece il numero esatto di deroghe che la direzione puo’ concedere visto che si sostiene che possa ‘essere concessa, su richiesta esclusiva degli interessati, per un numero di casi non superiore, nella stessa elezione, al 10% degli eletti del Partito Democratico nella corrispondente tornata elettorale precedente’.
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