L’Inca Cgil risponde a modo suo alla campagna denigratoria diffusa nei giorni scorsi sui media, a partire dall’inchiesta giornalistica di Alessio Lasta, resa pubblica nella trasmissione dell’11 novembre scorso ‘Lo stato delle cose’, condotta da Massimo Giletti, che restituisce un’immagine truffaldina dell’Istituto e dell’intero sistema Patronati, accusandoli di gonfiare le statistiche per incassare maggiori risorse pubbliche, confidando nei mancati controlli da parte del Ministero del Lavoro.
“Gli istituti di patronato meritano rispetto – si legge in un comunicato -, per la loro storia di tanti decenni, per il loro impegno, attraverso le associazioni di diritto locale, nell’aiutare milioni di connazionali residenti all’estero ad avere dallo Stato italiano ciò a cui hanno diritto: pensioni, sussidi, prestazioni previdenziali e sociosanitarie”.
L’Inca sottolinea “di essersi rivolto a più riprese al dicastero vigilante per chiedere un sistema di controlli più efficiente e gestito telematicamente, in modo da renderlo capace di verificare in tempo reale la regolarità del funzionamento dell’intero sistema dei patronati, con conseguente risparmio di risorse economiche pubbliche.
Sull’argomento, nonostante le sollecitazioni, ancora oggi il Ministero del Lavoro non ha dato alcun segnale, né è stata mantenuta la promessa del sottosegretario Claudio Durigon di riformare la legge 152/2001 entro quest’anno, considerata l’obsolescenza della normativa che disciplina il funzionamento degli Istituti, espressa ufficialmente nel novembre dello scorso anno, in occasione della presentazione dell’ultimo Bilancio sociale Inca Cgil”.
“Nulla – spiega – è stato fatto e si lascia intendere che prevalga una logica di business, attraverso inchieste giornalistiche che sembrano costruite a tavolino per screditare l’intero operato del sistema patronati, con particolare attenzione verso gli Istituti promossi da quelle organizzazioni sindacali che in questo momento stanno protestando contro le politiche del Governo.
Ancora più inquietante è il modo offensivo con cui è stata condotta l’inchiesta giornalistica, fondata, per lo più, su testimonianze anonime di ex operatori ed ex operatrici, ignorando le modalità di funzionamento dei Patronati all’estero, che spesso rappresentano l’unico punto di riferimento per centinaia di migliaia di cittadine e cittadini italiani nel mondo, anche per pratiche consolari, ben oltre i compiti istituzionali a loro assegnati.
Come Inca, rinnoviamo la richiesta di una vera riforma della legge 152/2001, ispirata ai principi di qualità, trasparenza, correttezza ed equità, per dare ai Patronati la possibilità di continuare ad operare in Italia e all’estero, affinché i cittadini possano avere interlocutori affidabili per esercitare i loro diritti previdenziali e socioassistenziali attraverso quella che possiamo definire una straordinaria rete di prossimità”.