Sara’ l’effetto Grillo o in generale il terremoto provocato dalle Amministrative, ma il testo che punta a modificare le norme in materia di finanziamento dei partiti e controlli dei bilanci, con tanto di riduzione del 50% dei rimborsi elettorali, ottiene il via libera in Commissione Affari Costituzionali della Camera. In piu’, dopo circa quattro anni di ‘gestazione’ (la maggior parte delle proposte di legge sono del 2008 anche se in commissione ‘approdano’ nel 2011), vede la luce almeno il testo base per l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione: quello con il quale si dovrebbe conferire la personalita’ giuridica ai partiti per garantirne sul serio controlli e trasparenza.
Sostanzialmente tre i nodi piu’ significativi che cominciano a sciogliersi:
1) In commissione si riconosce una volta per tutte il concetto di ‘finanziamento pubblico ai partiti’ (bocciando un emendamento della Lega che puntava ad azzerarlo) anche se nella proposta di legge si preferisce ricorrere al termine decisamente piu’ ‘gentile’ di ‘contributi pubblici’. E questo con buona pace del radicale Maurizio Turco che annuncia sin da ora la raccolta delle firme per un secondo referendum anti-finanziamenti.
2) Si approva il taglio al 50% dell’ultima tranche dei rimborsi elettorali che i partiti dovranno prendere da luglio in poi. Grazie anche al pressing del Pd e di uno dei relatori Gianclaudio Bressa in questo senso.
3) Si comincia a parlare piu’ nel concreto di riconoscere personalita’ giuridica ai partiti (un primo passo anche nei confronti dei sindacati?) e di istituire l’obbligo delle primarie per tutti i tipi di elezione. Tutti temi considerati ‘tabu’ fino a qualche mese fa.
Ma sono tante le novita’ introdotte con il testo atteso ora in Aula lunedi’ prossimo, 14 maggio. I partiti avranno l’obbligo di redigere uno Statuto piuttosto particolareggiato e di non sforare un tetto per le spese elettorali. Saranno soggetti a maggiori controlli con tanto di bilanci certificati da una societa’ di revisione. Avranno diritto, sia ai rimborsi per le spese elettorali sostenute (il 70% cioe’ 63.700.000 euro), sia ai ‘cofinanziamenti’ da parte di cittadini o enti volenterosi (che in cambio avranno una detrazione fiscale del 38%). Cioe’ quel 30% di fondi di cui si parla nel testo Bressa-Calderisi e che corrisponde a 27.300.000 euro. La cifra intera, insomma, non potra’ superare i 91 milioni l’anno.
In piu’, i relatori Bressa e Peppino Calderisi, riescono a far passare, grazie ad un loro emendamento, sanzioni piu’ severe per i partiti ‘fuori legge’: non si vedranno decurtati solo i rimborsi, ma anche i cofinanziamenti. Questi ultimi, poi, non saranno piu’ ripartiti in proporzione al numero dei voti validi conseguiti, ma ‘nel limite dei tre settimi dei rimborsi elettorali complessivamente attribuiti per ciascun anno’. E i soldi non spesi potranno tornare nelle casse dello Stato.
Ma nel provvedimento approvato oggi, si ‘cristallizza’ un altro principio che sta gia’ facendo discutere: avranno diritto ai rimborsi solo quei partiti che riusciranno ad avere almeno un eletto nelle proprie fila. ‘In questo modo – commenta Roberto Giachetti (Pd) – sara’ tagliato fuori chi non avra’ alcun seggio’, cioe’ i partiti piu’ piccoli che, in caso di non raggiungimento della soglia richiesta, difficilmente potranno tornare a far politica. Altro punto destinato a far nascere polemiche: cade l’obbligo per i partiti di poter investire la propria liquidita’ solo in Titoli di Stato.
Nella maggioranza si esprime soddisfazione per tutti questi ‘passi in avanti’, anche se alcuni gruppi, tra i quali l’Udc, chiedono ‘ancora piu’ rigore’.
Discussione su questo articolo