Gianluigi Paragone, senatore M5S, intervistato dal quotidiano La Stampa, a proposito delle elezioni in Umbria, osserva: “E’ stata una follia allearsi con lo stesso partito a cui abbiamo fatto cadere la giunta gettando un riflettore sull’opacità della loro gestione della sanità”. Se si volesse replicare l’esperimento in Emilia Romagna, “ci sarebbe un problema anche lì: quello di presentare insieme due mondi che si sono sfidati per dieci anni”.
Interrogato sulle sue posizioni critiche verso Di Maio, risponde: “Io ho fatto delle critiche in amicizia a Luigi. Adesso però è inutile perdere altre energie a mettere in discussione la sua leadership. Sono mesi che ne discutiamo. La gente ormai non sa più se abbiamo altre cose da dire al di fuori di questo”, “Luigi è sempre presente, quando lo chiami risponde e ti ascolta. Non c’è nessuno che farebbe quello che fa lui qui dentro” e “quand’anche avessimo il miglior leader e la migliore struttura, cosa dovremmo dire adesso? Qual è il messaggio che vogliamo portare e a quale segmento di società?”, “potremmo parlare di come tagliare le bollette, ad esempio, o di come far pagare l’Imu alla Chiesa, visto che ce lo chiede l’Europa. E se davvero vogliono costruire una coalizione progressista, allora discutiamo di diritti dei lavoratori, di articolo 18 e di false cooperative”.
“La colpa non è di Di Maio. È stressato da un’eccessiva quantità di input esterni, come quelli di Beppe Grillo, ad esempio. O dalle rivendicazioni e dagli impulsi culturali che arrivano dalle componenti interne di sinistra”. “Un tempo si sarebbe passati da un congresso. Ci deve essere qualcosa, nel mezzo, che dia il senso di elaborazione di un nuovo percorso. Se invece si salta dalla Lega al Pd e in mezzo non c’è nessuno spazio di riscrittura della propria direzione politica, si finisce per disorientare l’elettorato” e “anche io, in fondo, sono disorientato”.