Papa Francesco, come tradizione, ha benedetto oggi le statuine del Bambin Gesù portate in piazza San Pietro e che verranno poste nel Presepe. Francesco, al termine dell’Angelus domenicale, ha voluto rivolgere il primo saluto ai bambini e ragazzi di Roma, venuti per la tradizionale benedizione dei Bambinelli, organizzata dagli Oratori parrocchiali e dalle Scuole cattoliche romane.
“Cari ragazzi – ha detto – quando pregherete davanti al vostro presepe con i vostri genitori, chiedete a Gesù Bambino di aiutarci tutti ad amare Dio e il prossimo. E ricordatevi di pregare anche per me, come io mi ricordo di voi”.
Francesco ha voluto poi ricordare i catechisti ed ha invitato i tanti bambini e ragazzi presenti in piazza a cantare per esprimere la gioia del Natale. Una richiesta subito accolta dai giovani che hanno intonato alcuni canti accompagnati dalle chitarre.
L’ANGELUS Il periodo di Avvento che avvicina e prepara il Natale deve portare l’uomo a “rallegrarsi” ma non di “un’allegria superficiale o puramente emotiva, e nemmeno quella mondana o del consumismo, ma si tratta di una gioia più autentica, di cui siamo chiamati a riscoprire il sapore”. E’ quanto ha invitato a fare oggi Papa Francesco incontrando i tanti fedeli riuniti per l’Angelus domenicale in piazza San Pietro.
Francesco, rivolgendo lo sguardo al Natale ormai prossimo, ha quindi aggiunto che proprio la venuta nel mondo del Cristo ed i segni esterni che lo ricordano come il Presepe “ci invitano ad accogliere il Signore che sempre viene e bussa alla nostra porta; ci invitano a riconoscere i suoi passi tra quelli dei fratelli che ci passano accanto, specialmente i più deboli e bisognosi”.
Ma oggi, ha detto papa Bergoglio, “come invitano a fare le letture proposte dalla liturgia, è il tempo della speranza. E’ una gioia che tocca l’intimo del nostro essere, mentre attendiamo Colui che è già venuto a portare la salvezza al mondo, il Messia promesso, nato a Betlemme dalla Vergine Maria. La liturgia della Parola ci offre – ha infatti affermato – il contesto adeguato per comprendere e vivere questa gioia. Isaia parla di deserto, di terra arida, di steppa; il profeta ha davanti a sé mani fiacche, ginocchia vacillanti, cuori smarriti, ciechi, sordi e muti. È il quadro di una situazione di desolazione, di un destino inesorabile senza Dio”.
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