Lo scorso luglio la corte d’appello di Tolosa (Francia) ha emesso un giudizio potenzialmente rivoluzionario sugli aspetti negativi delle turbine eoliche sulla salute umana, condannando i responsabili a un risarcimento di centomila euro (la richiesta era di 350mila).
In Germania un certo numero di cittadini, residenti a una distanza tra i 700 e i 1300 metri dalle turbine eoliche, ha segnalato l’insorgere di problemi fisici e si è rivolto alla magistratura. I disagi denunciati: mal di testa, vertigini, battito cardiaco accelerato, acufene, nausea, sangue dal naso e disturbi del sonno.
A parte l’effetto devastante sul territorio di queste mostruose foreste inorganiche, pare sia stata registrata per la prima volta l’esistenza (e l’importanza) della cosiddetta “sindrome della turbina eolica“ sull’equilibrio dell’organismo.
A medio termine la faccenda provocherebbe disturbi fisici di vario genere legati prevalentemente al sistema nervoso centrale, mentre su tempi lunghi non si hanno dati sufficienti per emettere un giudizio tranquillizzante.
Le pale, hanno spiegato i ricercatori, quando girano emettono dei suoni a una frequenza molto bassa che non appartiene alla scala di riferimento dell’orecchio umano e che cambia leggermente la pressione dell’aria modificando in qualche modo anche il clima. L’organismo percepisce la perturbazione e reagisce con i sintomi dello stress.
Le turbine, insomma, non emettono gas, scorie o rifiuti inquinanti, ma modificano comunque l’ambiente e fanno, a modo loro, rumore: un rumore di tipo oscuro, sinistro, al limite del subliminale, più dannoso del rumore comune. Quindi c’è ben poco da stare allegri e gridare al miracolo verde.
Anzi, volendo metterla un po’ sul goliardico, un bel giramento di pale.
Buttando un occhio, i parchi eolici in Italia sono già una marea, spuntati silenziosi come funghi nelle più belle e naturali località del Paese: Puglia, Calabria, Campania, Basilicata, Sicilia e Sardegna, tra le più amate regioni del turismo mondiale. Abbiamo anche il primo parco eolico off shore piantato nello spettacoloso mare di Taranto, e in arrivo nel prossimo futuro si parla di altri 39 parchi qua e là. Il tutto per una copertura del 6,27 per cento del fabbisogno energetico nazionale. Tanto o poco rispetto allo sfacelo ambientale? Decidete voi.
Fatto sta che qualcuno già si sta facendo qualche domanda scomoda. Per esempio, sull’eventualità che una parte (magari anche piccola piccola) della visione “salviamo il pianeta” possa nascondere qualche (anche piccolo) aspetto un po’ manicheo o, peggio, qualche risvolto lobbistico. O addirittura interessi economici di settore.
Insomma, Verde a tutti i costi? Anche a costo di diventare di un colore che non ha proprio completamente un buon odore di pulito?