Oscar Giannino, autorevole giornalista, si prepara a scendere in campo? Quasi. In un articolo pubblicato su “Tempi”, l’esperto economista spiega che il suo progetto, almeno per ora, non rappresenta la nascita di un partito, “ma un appello per vedere quanti condividano alcuni punti chiari: una volta verificata l’ampiezza del sostegno decideremo quali altre iniziative farne discendere”.
Alcune delle riflessioni che stanno alla base dell’iniziativa di Giannino – se volete saperne di più, basta andare su fermareildeclino.it – sono state già sviluppate in diversi articoli firmati proprio dall’intellettuale: “si parte dall’amara constatazione che partiti e coalizioni degli ultimi vent’anni meritano un giudizio totalmente negativo”.
Il centrodestra? Con il “ritorno di Berlusconi dopo 7 mesi al timone del Pdl dove con Alfano nulla era successo dovrebbe parlare ancor più chiaramente ai milioni di italiani delusi da 18 anni di voti attribuiti a chi ripeteva ogni volta «meno tasse e meno spesa», per poi fare sempre l’esatto contrario”. Dall’altra parte, la sinistra “oscilla tra mega-patrimoniali e divisioni su ogni cosa, il primo a sapere che cosa avverrebbe dell’Italia sui mercati se vincesse con Vendola e Di Pietro con l’attuale legge elettorale è proprio Bersani”.
Per Giannino Berlusconi non è più un riferimento, perché “ha tradito” tutte le promesse fatte. La sinistra “ci ammazzerebbe” e Casini “vive di vecchi schemi”. La politica italiana non avanza: “c’è chi prefigura una soluzione tutta interna al vecchio recinto dei partiti, ed è Pier Ferdinando Casini, che apre al Pd. Noi la pensiamo diversamente”. Ovvero? “Siamo convinti che Berlusconi sia da tempo un capitolo che va chiuso, che il Pdl sia a questo punto un’espressione di mera difesa personale e aziendale. Pensiamo che agli italiani vadano proposti pochi punti chiari per il dopo Monti, e che il loro voto serva eccome, e non sia un torneo inutile per far restare Monti dov’è”.
Giannino in conclusione scrive: “Io non sono certo salvatore della patria, né chi firma con me. Ma crediamo nel popolo italiano molto di più di chi pensa che debba votare perché un cavolo cambi, perché l’Italia non può darsi un programma deciso di autoequilibratura e crescita, euro o non euro, tedeschi o non tedeschi”.
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