Luigi Di Maio e la politica sono come acqua e olio. Due cose distinte e separate. Uno che da due mesi pone solo veti, apre e chiude forni a suo piacimento. Terza Repubblica solo nella sua testa, in realtà ha messo in atto tutti i metodi ricattatori della Prima Repubblica.
Prima tenta di far tradire Salvini, dopo avere firmato un programma unitario con il Centrodestra alle elezioni: vuole rendere la Lega forza minoritaria rispetto al M5S, in modo tale da poter dettare lui la linea e decidere di porre se stesso come premier. Niente da fare, Salvini non accetta, coerentemente al mandato ottenuto dagli elettori.
Passa al Pd, quello di “Mafia Capitale”, quello di “Pensano solo alla poltrona”. Loro però. Quello di “Sono un partito di miserabili”. Propone un “contratto”, perchè la parola “accordo” non si può dire, altrimenti Casalino si arrabbia. La comunicazione è importante.
Dapprima qualcuno nel Pd cede, poi arriva Renzi che cretino non è: “Nessuna intesa di Governo possibile”. Niente.
Domenica elezioni in Friuli Venezia Giulia. A rispondere a Di Maio e alle sue manie da protagonista ci pensano gli elettori: il M5S crolla dal 24.5% al 7%. Il centrodestra sale fino a sfiorare il 63%. Luigi Di Maio adesso ha paura. Nuova capriola e lancia un nuovo messaggio: “Caro Salvini, andiamo insieme dal presidente della Repubblica e chiediamogli di farci votare a giugno”. Certo, continua così altri quindici giorni e il M5S non lo vota più neanche lui.
Solo una parola: vergogna.