Da Santiago del Cile l’intervista di ItaliaChiamaItalia con il Maestro José Miguel Pérez Sierra che ha egregiamente diretto la Cenerentola di Rossini al Teatro Municipal della capitale cilena. E’ considerato uno dei più capaci direttori del momento, conquistandosi l’attenzione degli addetti ai lavori a livello nazionale ed internazionale.
Con Rossini è stato il più giovane direttore salito sul podio del ROF nel 2006 (Rossini Opera Festival) e con il cigno di Pesaro continua a conquistare pubblico e critica in giro per il mondo. A novembre il suo debutto nel prestigioso Teatro dell’Opera di Montreal e il Nord America lo attende con impazienza.
Il suo repertorio varia da Donizetti a Bellini e Verdi senza tralasciare Puccini e Mascagni. Artista di successo, marito felice e padre amorevole. Si ritiene soddisfatto della sua vita, con molti sogni realizzati ed altri da realizzare. Molto chiaramente descrive il suo obiettivo, motore fondamentale per il lavoro, una vera e propria mission: la diffusione della musica Paese dopo Paese, persone dopo persona. Da grandi a piccini senza tralasciare nessuno. Ricorda i primi passi nella carriera da concertista insoddisfatto, trovando poi la sua strada come direttore d’orchestra e dando completezza alla sua vita.
Come nasce la tua passione per la direzione musicale?
È stato un processo naturale. Mi sono diplomato in pianoforte a 16 anni e all’epoca la mia vocazione era quella di diventare concertista. Ho intrapreso questa strada per 4 anni, ma non giovava al mio carattere. Sono troppo socievole, ho bisogno di collaborare con altre persone per sentirmi a mio agio e il pianoforte mi teneva chiuso in solitudine 8, 10, a volte 14 ore al giorno in epoca di competizioni e tournèe. Questo era un enorme peso a livello personale e temevo di cominciare a perdere pian piano il mio amore infinito per la musica. Fu così che cominciai a fare musica da camera. Prima con un violinista, poi un trio, poi quartetti con pianoforte, infine il quintetto e mi rendevo conto poco alla volta che, più grande era il gruppo, più ero felice di fare musica. A un certo punto mi sono domandato: che succederebbe se provassi a fare musica con un’orchestra o con orchestra, coro, solisti, come succede nell’opera? Ho voluto dare risposta a questa domanda iniziando a studiare direzione d’orchestra. Così si aprì la strada che mi ha condotto fin qui.
Sei il più giovane direttore musicale salito sul podio del prestigioso Rossini Opera Festival. Quali sono i segreti catturati e come ti hanno aiutato nella tua brillante carriera?
La mia esperienza rossiniana inizia di pari passo con i miei studi come direttore. La musica per me fino a quel momento era il grande repertorio romantico e del XX secolo per pianoforte: Chopin, Listz, Brahms, Scriabin, Rachmaninov, Prokofiev… era proprio questo il repertorio, quello che mi interessava di più anche a livello orchestrale.
Il destino volle che nell’anno 2003 conoscessi Alberto Zedda e da allora mi sono appassionato per questo autore che, fino a quel momento, era per me un enigma. Con il Maestro, recentemente scomparso, ho avuto l’immensa fortuna di condividere 14 anni di collaborazione musicale e amicizia fraterna, nei quali non ho smesso mai di meravigliarmi per la sua vasta cultura, cercando di fare tesoro di tutti i suoi insegnamenti.
Il suo invito nel 2006 per dirigere Il Viaggio a Reims dell’Accademia al ROF non fece che confermare la mia “immersione totale” nella figura di Rossini, che è andata avanti fino ad oggi. Mi considero un direttore versatile, mi piace fare musica di tutti i periodi e tutte le nazioni, sia lirica che sinfonica. Autori come Verdi, Puccini, Wagner, Dvorak, Mahler, Bruckner, Strauss… stanno sempre nel mio calendario. Tuttavia dal 2006 Rossini è diventato parte importante della mia attività.
Quali emozioni ti dà Rossini?
Rossini è un autore molto intellettuale, non dall’emozione facile. Nelle sue opere possiamo osservare sentimenti, ma non sentimentalismo, effetti, ma non voglia di effettismo. Quando dirigo Rossini provo emozione ed anche quando penso che sto riuscendo a condurre in modo giusto la sua musica e la sua maniera personalissima di far teatro musicale. Cosi come quando ho la sensazione di essere capace di esaltare tutti i bisogni espressivi delle sue partiture. Altri compositori ci danno un blocco di marmo con una scultura ben abbozzata e dipende da noi dare gli ultimi colpi in maniera di rifinire le loro intenzioni o meno. Rossini ci consegna terra umida ed un torno, è responsabilità assoluta dell’interprete decidere quale forma vuol dare alla scultura ed in che maniera vuole rifinirla. Rossini può essere fragile come la terracotta, ma ha anche le sue infinite possibilità creative dentro la ricreazione.
Il cigno di Pesaro ha uno stile dal quale si evince una notevole brillantezza ritmica mettendo in evidenza la sua unicità dallo stile degli operisti del ‘700. Cosa ne pensi?
È vero, il ritmo ed il crescendo rossiniano sono due elementi che lo distinguono da tutti i compositori precedenti e da tutti quelli che verranno dopo di lui. È quasi “Rock & Roll” dell ‘800! Veramente geniale.
Sei reduce dalla direzione dall’opera Aureliano in Palmira, un commento?
È un’opera meravigliosa, con tanti elementi che ci rivelano già al grande Rossini serio di Semiramide e Guglielmo Tell. Aureliano è l’opera veramente “proprietaria” della sinfonia de Il Barbiere di Siviglia. Infatti, essa è seria, “guerriera”, non pensata per un’opera buffa. Risulta persino troppo aggressiva come apertura del Barbiere, pur se siamo già abituati a sentirla. Invece, in Aureliano rivela il suo vero senso drammaturgico e Rossini riprende i suoi temi nella stretta del Finale Primo, in un esplosivo crescendo tipicamente rossiniano.
Perché quest’opera è meno rappresentata rispetto alle altre di Rossini?
Tutte le opere serie di Rossini sono, per ora, meno rappresentate delle popolarissime opere buffe. Dobbiamo tenere in conto che quasi 30 titoli rossiniani hanno passato più di un secolo sepolti nell’oblio. Il suo recupero lo dobbiamo principalmente ad Alberto Zedda ed ai musicologi collaboratori della Fondazione Rossini. E’ forse l’operazione di restituzione culturale più importante della seconda metà del XX secolo. Grazie a questo, il Rossini serio ormai si può sentire in tutto il mondo anche se ancora non appartiene al così detto “repertorio”. Comunque, sono sicuro che se facessimo un’indagine da 40 anni fa ad oggi, Rossini sarebbe senza dubbio l’autore maggiormente preferito dal pubblico.
Riguardo al ritorno al Teatro Municipal a Santiago del Cile con la Cenerentola, cosa ci racconti?
Il Municipal è un teatro molto speciale per me! Ormai è la terza produzione che faccio con loro. Orchestra e coro sono ad un livello altissimo e tutto il personale del teatro si occupa di “coccolare” gli artisti come in pochi teatri al mondo. È sempre un piacere tornare e questa occasione è stata particolarmente emozionante, poichè si è trattato della prima Cenerentola che ho fatto dopo la scomparsa del Maestro Zedda. È un opera che ho studiato con lui e che mi porta tanti ricordi.
Sempre con lo stesso titolo a novembre il debutto in Canada all’Opera di Montreal. Senza dubbio un appuntamento importante, come commenti?
Sono molto felice di questo mio debutto, non solo in Canada, ma anche in Nord America. L’Opera di Montreal è un teatro molto importante e a questo punto della mia attività professionale, senza dubbio è un appuntamento decisamente motivante.
Chi è il Maestro Pérez Sierra nel privato? Come trascorri il tempo libero?
Di tempo libero ce n’è veramente poco. Anche quando sono a casa a Madrid, passo la maggior parte della giornata studiando; comunque trovo sempre tempo di fare il “papà” che è la mia attività preferita. Cerco di stare con la mia famiglia il più possibile e cerco di “contagiare” le mie figlie con la mia altra grande passione: il calcio. Sono un grande tifoso del Real Madrid. Anche quando sono fuori, ovunque mi trovi al mondo, sempre trovo la maniera di poter seguire la mia squadra del cuore. Per il resto, adoro fare cose semplici: andare al cinema con mia moglie, uscire insieme con gli amici… Sono cose che per me, dato il poco tempo che passo a casa, sono straordinarie e doppiamente “saporite”.
Aprendo il cassetto dei sogni, cosa troviamo?
Troviamo un uomo felice, fortunato, con tanti sogni compiuti e tanti da compiere, ma senza fretta di farlo. Un uomo a cui piacerebbe davvero fare musica tutta la vita ed in tutto il mondo. Diffonderla tra i giovani ed i bambini, cercare di portare felicità con essa ad ogni popolo della Terra ed avvicinarla al pubblico in tutta la sua dimensione culturale e sociale. Questo è il vero sogno e la forza che mi muove.
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