Torna di prepotenza nel dibattito politico italiano il tema della cittadinanza agli immigrati. In attesa di poter visionare le proposte di legge sull’argomento, che già sono state annunciate, ci si interroga su quale sia la via migliore tra ius soli, ius soli temperato e ius scholae. Un dibattito, insomma, completamente incentrato sulla cittadinanza agli stranieri in Italia. E gli italiani all’estero? E i loro discendenti?
Esiste un numero impressionante di persone, nel mondo, a cui la cittadinanza spetta di diritto. Eppure quel diritto resta il più delle volte un miraggio. Sono pochissimi, oltre confine, quelli che davvero riescono ad ottenere la cittadinanza italiana. Questo anche a causa di procedure burocratiche farraginose e servizi consolari inefficienti.
Non solo: prima di pensare di dare la cittadinanza a chi non ha sangue italiano, sarebbe opportuno riaprire i termini per il riacquisto della cittadinanza in modo tale che i connazionali che l’hanno persa possano richiederla, senza essere costretti a tornare a vivere in Italia.
Come si vede, forse sarebbe meglio pensare prima a chi è già italiano ma ha solo bisogno di un pezzo di carta per dimostrarlo, piuttosto che agli immigrati e ai loro figli, che peraltro – a certe condizioni – possono chiedere di ottenere la cittadinanza italiana al 18esimo anno di età.
Come MAIE faremo la nostra parte affinché in un’eventuale discussione parlamentare non ci si dimentichi dei tanti italiani nel mondo e dei loro sacrosanti diritti.
Vincenzo Odoguardi, vicepresidente MAIE