Va bene, la Camusso ha fatto la sua piazzata e la sua strillata, marcando il campo e soprattutto consolidando il suo ruolo di capobranco, portandosi appresso lo spaesato gregge del centrosinistra, mai così lontano da una parvenza di spirito riformista. Ma, nonostante il conservatorismo sociale della Cgil, a cui talvolta si somma – sul fronte opposto – una certa vocazione leghista a dire no, è venuto il momento di affrontare un paio di nodi strutturali. Non si è potuto farlo in questa manovra (a parte il primo e positivo passo di ieri sera sulle pensioni delle donne)? Occorrerà farlo subito dopo, piaccia o no ai signori e alle signore del veto.
Primo: l’innalzamento dell’età pensionabile e quindi l’abolizione totale delle pensioni di anzianità, tema rispetto al quale è paradossale la sfiducia di una parte del ceto politico e sindacale verso la comprensione e la ragionevolezza degli italiani. Secondo: un massiccio percorso di privatizzazioni, su cui proprio ieri l’Istituto Bruno Leoni ha diffuso un interessante e utilissimo paper.
Il resto sono chiacchiere della politica e dei giornali. E, tra queste chiacchiere, c’è solo da rimpiangere di aver accettato e tollerato l’astrusa tesi – a lungo di moda anche in qualche settore del centrodestra – secondo cui “in tempi di crisi non si fanno riforme”. Risultato? Tempo perso. E’ ora di recuperarlo.
*portavoce PdL
Discussione su questo articolo