Stasera, su Rai 3, con inizio alle 21,15, “Nine”, film multi-cadidato (5 al Golden Globe e 4 agli Oscar) e mai premiato, che, con agganci di felliniana memoria, altro non è se non la trasposizione cinematografica di un musical dell’aquilano Mario Fratti, ispirato, appunto, al grande regista riminese.
Ed è proprio un registra al centro dello spettacolo, quello che sta predisponendo per il grande pubblico e quello personale condizionato dagli insaziabili appetiti sessuali. La fuga dal set, un’altra notte tra le braccia dell’amante, poi il solitario distacco per potere ritrovare l’artista ed analizzare le figure femminili della sua vita.
Diretto da Rob Marshall, autore multi-esaltato dallo star system, autore di “Chicago”, “Memorie di una Geisha” e l’ultimo (del 2011) “Pirati dei Caraibi. Oltre i Confini del Mare”, nelle prime due settimane di programmazione, il film ha totalizzato una cifra pari a poco più di 14 milioni di dollari; mentre in Italia, nel primo week-end, poco più di 530 000 euro, un vero flop per un film che è costato 80 milioni.
Ed un flop generale, dal momento che, dalla sua uscita, Nine ha guadagnato solo 40 milioni di dollari e cerca di recuperare la parte mancante passando rapidamente (in USA e altrove) in Tv, solo dopo due anni dalla uscita e con scarsissimo successo anche come video.
Il cast è al fulmicotone, con nomi d’eccezione come Daniel Day-Lewis, Penelope Cruz, Marion Cotillard, Nicole Kidman, Judi Dench e Sophia Loren, ma il film non funziona, anche perché tutti gli attori si applicano con tenacia per salvaguardare la resa spettacolare, senza generare un’emozione autentica nello spettatore e una nuova creatività vitale nel protagonista.
Vale tutto: tacchi, autoreggenti, cabaret bustier e un sussurrato “coochie coochie coochie coo”, ma che, forse, in tv e in prima serata, sarà più gradevole che al cinema, soprattutto in questa notte di angoscia e di neve.
Va comunque detto che, nonostante sia Fellini che Fratti siano stati traditi, il film è per chi chi ama il musical spettacolare, fatto di coreografie caleidoscopiche, di fotografia suggestiva, di musiche indimenticabili e di eclettismo spettacolare.
Non ci sono dubbi sul fatto che alcune opere del passato e certi generi cinematografici potrebbero essere rinnovati e rivisitati attraverso i remake (anche se il termine è tecnicamente inesatto) che riuscirebbero a trarre giovamento dall’utilizzo di tecnologie migliori e a godere della linfa rinvigorente instillata da uno sguardo contemporaneo e da un’iperattività progressista.
Ma quando l’opera originaria passa attraverso più di un imbuto, il rischio è che il prodotto ottenuto – seppur realizzato in maniera accattivante – risulti più distante di quanto si sarebbe immaginato dalle intenzioni dell’idea originaria.
Se poi alle origini c’è un nome altisonante come quello dell’autore più visionario e onirico della storia del cinema, cioè Federico Fellini, la "trasmigrazione" dell’opera diventa un processo di traduzione visiva eterogenea, che cerca un suo spazio autonomo negli interstizi della cinematografia contemporanea.
Naturalmente ci riferiamo al film, a partire dalla sceneggiatura di Michael Tolkin, Anthony Minghella e non certo con il testo di Fratti, che invece funziona benissimo e spiega con grande sensibilità il comportamento vulnerabile degli uomini che hanno un eterno, continuo, totale bisogno delle donne.
È la passione che rende gli italiani nobili. Sappiamo essere divertenti, isterici, ma sappiamo anche essere dei perdenti e accettarlo con ironia.
Una delle grandi doti dell’essere italiani è il saper ridere di noi stessi.
E questo Fratti lo sa e sa ridere del fatto che, come il Guido Contini di “Nine”, è ancora stregato dalle donne e in 83 anni di vita vissuta, ha ancora negli occhi il guizzo del bambino che guarda sognante al dolce ondeggiare delle gonne o all’incavo dei seni. Lui lo sa e ne fa poesia. Ma Hollywood traduce in becero erotismo di bassissima lega. Ci fosse stato Bob Fosse dietro la macchina da presa, avremmo avuto due ore di spettacolo superbo, di ritmo scattante, di pura, irrefrenabile energia, ma anche di melanconico, poetico pensiero.
Discussione su questo articolo