Pentolone Italia. Tolto il coperchio a metà, viene fuori di tutto. Materia maleodorante, puzzolente al punto di provocare l’asfissia generale. Ammorbante tanfo disturba e indigna il Paese. Dal pulpito di “Ballarò”, dove si è assistito alla penosa difesa della Polverini, Crozza con la sua satira ha buttato lì l’idea degli italiani che scendono in piazza brandendo il forcone. Ma quando si pensa che la politica abbia raggiunto e superato il limite della decenza, vergogna si aggiunge a vergogna. Una o più al giorno, ormai l’Italia è questa. La penisola dell’immondizia morale.
La Minetti mette la politica in bikini, la indossa e la porta a sfilare in passerella. Una sua collega consigliere regionale l’affronta a brutto muso nella toilette del Pirellone: “Sei la vergogna di noi donne, di tutte le donne d’Italia, dimettiti”. E lei? L’idea di togliere il disturbo non la tocca assolutamente. Faccia tosta, non solo il resto del corpo.
Alla Regione Lazio consiglieri, assessore e quanti altri cannibali divoratori di soldi, si arricchiscono di stipendi assurdi, indennità pazzesche, prebende da sballo riconosciute dalle legge. Spendono, spandono, si divertono, ridono alle spalle dei poveri cittadini ossessionati dai tagli, vessati dalle tasse e impossibilitati ad arrivare a fine mese senza ricorrere allo strozzinaggio. La Polverini ha parlato a
“Ballarò” da ex presidente della Regione Lazio. Ma lo è davvero? Pare di no, certo che no, se si leggono attentamente le dichiarazioni contenute in un’intervista del sindaco di Roma, Alemanno.
La lettera di dimissioni della Polverini non è stato ancora formalizzata: le dimissioni sono solo sulla carta. Così come quelle dei consiglieri regionali del Partito Democratico. Fatto sta che presidenti e consiglieri continuano (e continueranno) a percepire il robustissimo vitalizio. Alla faccia vostra, nostra, mia. L’ennesima vergogna. Polverini pinocchio o che cosa? Roma caput mundi, alla faccia di chi non riesce più a vivere da cristiano, nel senso che non ce la fa, non perché abbia perso la fede in Dio.
Arrestato il direttore delle Poste del Senato, accusato di far parte di un’organizzazione che smercia sostanze stupefacenti. Sì, la droga. Dobbiamo meravigliarci? Proprio no. L’ex ministro Treu assicura di aver conosciuto esponenti di passati Governi e di altri Esecutivi dediti in maniera sporadica al consumo di sostanze stupefacenti. Più precisamente, consumatori di cocaina. Direte, ma qual è la notizia e dov’è? La novità è tutta nella dichiarazione dell’ex ministro, successiva al sospetto che l’arresto del direttore delle Poste del Senato possa portare a una brutta scoperta. Quella di esponenti della politica consumatori di droga acquistata presso il banco gestito dal Direttore. Dei politici possibili assuntori di sostanze stupefacenti si parlò nel corso dell’operazione nominata “Cleopatra”: Emilio Colombo, ex ministro e già capo del governo e di tante altre cose, diccì di stretta osservanza, fu indagato per consumo di cocaina. “Sì, ammetto, ma l’ho fatto solo a fine terapeutico”. E la cosa finì lì. Senza andare molto indietro nel tempo, nel 2007 l’ex deputato Udc, Cosimo Mele, poi traslocato in un’unione di centro, fu protagonista di un controverso episodio. Si accompagnò con due prostitute in una camera dell’hotel Flora. Una delle due si sentì male e fu ricoverata in ospedale, come abituale consumatrice di alcol e sostanze stupefacenti. Gli inquirenti, finora, non hanno accertato eventuali frequentazioni del politico con la droga. Ora, però, il pentolone che scopre il suo contenuto puzzolente sparge paure e timori nel mondo della politica. La più parte non dovrebbe sentirsi sicura, ma alla fine una pezza a colori la trovano tutti. Polverini docet. Il prode Fiorito alla fine ha ammesso, lei non ancora. Chiariamo: la presidente non ha rubato, quantomeno però ha omesso ogni forma di controllo. E poi non le è mai venuto il sospetto che certe grosse cifre, consentite dalla legge, non siano il prodotto di una legge sbagliata? La crisi dovrebbe essere uguale per tutti e colpire tutti.
Scandali, ancora scandali. Il più fresco, di natura calcistica, l’ha denunciato Matias Almeyda. Ma chi era costui? Argentino, un ex calciatore di Lazio, Parma e Inter. Nella sua autobiografia, “Alma y vida”, Anima e vita, racconta di un tentativo di “arrangiamento” di Roma-Parma, fine campionato 2000-2001. “Volevano che perdessimo la partita. Quelli della Roma insistevano: per voi è uguale,non avete più nessun obiettivo. Ho detto no e con me il connazionale Sensini. Anche altri hanno detto no. Ma in campo ho visto che alcuni non correvano come sempre”.
Argentino di Azul, Matias Almeyda, assicura di aver attraversato la depressione nel periodo trascorso in Italia. “Mi davano, ci davano, delle pillole: sono vitamine, mandatele giù. Io entravo in campo e cominciavo a saltare in cielo, spinto da un’energia pazzesca, non mia”. Un’accusa di doping, a ben vedere. Accaduta a Parma, l’altra si presta ad univoca interpretazione. “Litigo con il presidente Tanzi, salgo in auto e la polizia mi ferma. Mettono sotto sequestro l’auto. Il giorno dopo mi sono svegliato e la macchina era sparita dal garage. Capita pure a Milosevic, anche lui in conflitto con la società”. Il seguito è ancora peggio. Sempre a Parma, la civile Parma, città di presunta tranquilla passione calcistica, un’isola, un mondo a parte, dicevano. “Mia moglie a casa, sente strane voci, scappa e chiama la polizia. Sulla parete c’è una manata fatta con olio di macchina. Un messaggio mafioso”. Il pentolone è scoperchiato appena. Aspettiamoci che venga fuori di tutto. Il puzzo già si avverte.
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