"A picchiare non sono capace, se devo fare un fallo volontariamente non saprei dove cominciare". Sembrerebbero le parole presuntuose di un inesperto trequartista che con il suo numero 10 si sente autorizzato a non prendere in considerazione la fase difensiva. Invece sono un paio di frasi tratte da un’intervista a colui che è stato il più forte difensore del mondo per tanti anni: Alessandro Nesta, ha fatto di necessità virtù e nonostante le difficoltà da lui ammesse per il gioco duro è riuscito a sviluppare una tecnica d’anticipo incredibile che ha rivoluzionato il concetto di difensore. Oggi conferma il ritiro dopo 21 anni di carriera a livelli altissimi e con la grande umiltà che lo caratterizza ha detto: "Il mio fisico è stanco, è il momento di smettere. Voglio cominciare una nuova vita con la mia famiglia".
Tutto il calcio giocato perde la sua estrema eleganza nell’interpretare un ruolo che da sempre aveva visto protagonisti i cosiddetti ‘picchiatori’, e con l’evolversi della fisicità in questo sport, avrebbe inevitabilmente visto in prima linea soltanto guerrieri. Nesta invece è andato controcorrente e grazie a questo ha toccato i massimi livelli raggiungibili. Ha vinto tanto da capitano della Lazio, squadra in cui era cresciuto e che aveva scelto a soli 8 anni, scartando la Roma in cui poi avrebbe giocato il suo eterno compagno-rivale Totti, anche lui classe 1976.
Ha vinto altrettanto e ancor di più con il Milan, dopo il trasferimento nel 2002, così aggiungendo al suo palmares anche quei pochi trofei che non era riuscito a conquistare in maglia biancoceleste. Peccato solo per gli infortuni che ne hanno segnato la carriera negativamente, soprattutto in maglia azzurra. Con la Nazionale infatti non è mai riuscito a finire un mondiale che aveva iniziato: nel ’98 in Francia per un duro colpo al ginocchio, nel 2002 per un’infiammazione al piede, e nel 2006 per problemi muscolari, ma nonostante ciò è stato parte delle prime partite della spedizione in Germania diventando così campione del mondo.
Infine ha chiuso la carriera con la parentesi in Canada, giusto per rendere meno doloroso per lui e per noi il distacco dal rettangolo verde, ma già nell’estate 2012 quando andò via da Milano molti tifosi di qualsiasi fede presero coscienza che forse non avrebbero più visto un difensore così. Ora che si ritira, l’unica speranza è che, quando fra un anno cercherà di allenare, come da lui dichiarato, insegni alle nuove generazioni l’eleganza, gli anticipi e le entrate in scivolata che per due decenni hanno deliziato gli occhi di ogni appassionato.
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